lunedì 7 aprile 2014

Primi uomini nella luna






Ecco qui un'altra vignetta esilarante da Hark! A vagrant. E come è chiaro, il romanzo successivo che mi sono letta è stato quello di H. G. Wells, del 1901: The first men in the Moon. Anche qui, ancora il sogno di raggiungere la luna, ancora la curiosità di vedere dove l'uomo può arrivare.

Nonostante ciò, e nonostante poi entrambi gli scrittori vengano additati come padri della fantascienza, c'è un'enorme differenza tra la visione di Verne e quella di Wells. Per Verne è importante il "come": come si arriva sulla luna? E nel "fantasticare" sui possibili modi, si tiene sempre nei limiti del possibile.

H.G. Wells
Per Wells, invece, l'importante non è come, ma il "cosa" ci aspetta: una volta arrivati lassù, cosa si troverà? Il mezzo con cui arrivarci, su quel  "lassù", non ha molta importanza. I suoi protagonisti arrivano sulla luna grazie ad un materiale antigravitazionale, la carovite, totalmente inventata dalla fantasia di Wells. E Verne, una volta letto il suo romanzo, gli rimproverò questa sua invenzione, proprio perché assurda. Ma Wells fece spallucce: il soggetto che gli interessava non era la scienza e la tecnica e i loro traguardi, ma le speculazioni sull'impatto che lo sviluppo scientifico poteva avere sulle società del domani.

Vista in questa ottica, la sua produzione, naturalmente, risulterà meno tecnicistica di quella di Verne e più focalizzata verso un'evoluzione che non si riduce a quella biologica, ma che tocca inevitabilmente anche quella sociale. Così è interessante studiare questi Seleniti che vivono nella luna, al riparo dalle temperature glaciali della notte e quelle desertiche del giorno. Esseri che, in base alla loro propensione naturale, sviluppano fin dall'infanzia una sola capacità fisica o mentale, atrofizzando il resto; da questa selezione, nasce una società in cui ognuno ha un suo compito preciso, svolto non come costrizione, ma come profondamente appagante (anche se, ammettono i Seleniti, qualcuno dei giovani esseri che vengono sottoposti al training finalizzato a sviluppare la capacità per cui dimostrano attitudine, possono dimostrare una sorta di lieve insofferenza al trattamento). La società che ne viene fuori? Felice, ordinata, priva di conflitti.

Perché anche questo è uno dei tratti propri di Wells e della fantascienza che da lui prende piede: l'ottimismo  nel prodotto finale dello sviluppo scientifico e sociale che indubbiamente ne deriverà.

The First Men In The Moon,
copertina originale, 1901.
Ecco, questo è il corpo centrale del romanzo e per questo, sicuramente, viene ricordato. Ma durante la lettura, un'altra cosa ha davvero colpito la mia immaginazione: la bruta giustapposizione di una realtà estremamente extra-terrestre (intesa come completamente diversa da quella terrestre) e quella squisitamente inglese della prima parte del romanzo. Mentre si descrivono le circostanze per cui i due protagonisti, uno scienziato un po' svampito e uno speculatore in bancarotta, si incontrano, salta subito all'occhio una campagna inglese così ben schizzata da affascinare per la sua vividezza. La natura, nonostante ritratta non proprio nel suo massimo rigoglio, offre un forte contrasto con i paesaggi lunari. Ed anche se noi sappiamo che la Carovite non può essere sintetizzata o che non ci sono Seleniti, né piante o funghi bizzarri che vivono solo la stagione del giorno lunare, l'accostamento di questi quadri diversi risulta così efficace che riesce a rafforzare non solo il senso di straniamento della voce narrante una volta sulla luna, ma anche la nostra propensione a credere nella genuinità dell'avventura. Tutto questo forse proprio perché l'altra faccia del racconto, quella sulla luna, la sentiamo profondamente legata al mondo reale così ben descritto nella prima parte, molto più vero del mondo in cui si muovono i personaggi stereotipati di Verne ne De la Terre à la Lune che, tuttavia, si rivelano indubbiamente più pragmatici. Su questa simpatia, siamo anche più disposti a credere possibile che la Carovite funzioni davvero, nonostante le proteste di Verne, e che i nostri protagonisti abbiano davvero incontrato i Seleniti.

Peccato che poi l'uomo sia arrivato davvero sulla luna e abbia svergognato le speculazioni di Wells. Ma, come anche lo stesso Wells avrebbe detto, il progresso scientifico non si può fermare, nemmeno in favore di una visione più poetica dell'universo.




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