sabato 5 ottobre 2013

Dei nomi e dei titoli


Avete ragione: non abbiamo ancora parlato del nome e di quel titolo nobiliare che sarebbe dovuto spettare allo scrittore Dumas, ma che in verità non gli è mai arrivato. Come accennato, la colpa è del Padre, o meglio, dei rapporti tra Nonno e Padre.

Ma andiamo con ordine. Prima qualche avvertenza doverosa.


Quella che racconterò qui di seguito non è la verità degli storici, ma è quella delle Mes Mémoires di Alexandre Dumas. I fatti andarono, con ogni probabilità, un po' diversamente. Se vi va di approfondire, c'è una biografia del Padre di Dumas scritta da Tom Reiss e dal titolo Black Count. Ok, dall'introduzione intuisco che forse Reiss fantastica un pochino quando afferma che la vicenda del Padre abbia ispirato la storia del Conte di Montecristo. Noi abbiamo già visto da dove viene. Ma, a parte questo, i recensori assicurano che sia un buon lavoro dettagliato e onesto e, fino a prova contraria o fino a quando qualcuno di voi più appassionato di me alle carriere militari non lo legga e mi tolga il dubbio, io mi fido.

Ma basta tergiversare e iniziamo questo luuuungo capitolo.

Si parte dal Nonno, Antoine-Alexandre Davy de la Pailleterie, colonnello generale d'artiglieria, possessore delle terre della Pailleterie, dichiarate "marchesaggio" da Luigi XIV nel 1707. Un marchese, insomma, non estraneo alla corte di Versaille, che verso il 1760, per non si sa bene quale ragione, vende le sue terre e si trasferisce a Santo Domingo (Haiti) in una immensa proprietà. Qui nasce il Padre. La Nonna è una donna di colore (a detta degli storici una schiava comprata a caro prezzo) che nel 1772 muore, lasciando il Nonno che tanto l'amava e la casa in uno stato di abbandono totale. Il Nonno, allora, vedendo la casa cadere in rovina, affitta le proprietà, prende il Padre e se ne torna a Parigi. Era il 1780, anno più anno meno.
Il Padre aveva 18 anni. Il Nonno, facendo un rapido calcolo, 70. In verità, nella storia dei biografi, da quello che ho capito, si dice che il Padre sia stato venduto come schiavo e poi ricomprato dal Nonno per favorire questo transito da Haiti a Parigi e per pagare anche la sua, di traversata, e che il Padre non aveva che 14 anni all'epoca. Ma non avendo letto che trafiletti qua e là, non metto la mano sul fuoco.

A Parigi il giovane Padre si distingue nella società dell'epoca senza troppa difficoltà: era un bel giovane la cui carnagione mulatta donava un certo fascino tra le signore. Era abile in qualsiasi esercizio fisico, ottimo schermitore dalla forza erculea, insomma, un personaggio che non passava inosservato, né tra gli uomini, né tra le donne.

Tutto procedeva nel miglior modo possibile per il giovane Padre, fino a quando il Nonno decise che era tempo di risposarsi e alla tenera età di 74 anni convola a nozze con la sua governante. Fu proprio questo matrimonio a raffreddare i rapporti tra Nonno e Padre. Al Padre non arrivavano più le risorse necessarie al mantenimento di un tenore di vita dignitoso nelle sfere dell'alta società e così prese la decisione di arruolarsi nell'esercito come soldato semplice e guadagnarsi da solo la vita.

Il siparietto che Dumas fa recitare al Nonno e al Padre nelle sue Mémoires nel momento in cui quest'ultimo annuncia al Nonno le sue intenzioni va riportato assolutamente:

Egli (il Padre) andò dunque a trovare il Marchese e gli annunciò di aver preso una risoluzione.
- Quale? - domandò il Marchese.
- Quella di impegnarmi.
- A che titolo?
- Di soldato.
- E dove?
- Nel primo reggimento.
- A meraviglia! - rispose mio nonno. - Ma, siccome io mi chiamo Marchese de la Pailleterie e sono colonnello e commissario generale d'artiglieria, non voglio che voi trasciniate il mio nome fino agli ultimi ranghi dell'arma.
- Allora vi opponete al mio arruolamento?
- No, ma vi arruolerete sotto un nome di guerra.
- È più che giusto, - rispose mio padre, - mi arruolerò col nome Dumas.
- Sia.
E il marchese, che non era mai stato, d'altronde, un padre molto tenero, voltò le spalle a suo figlio, lasciandolo libero di fare quel che volesse.

A questo punto, la prima cosa che il Figlio fa, oltre a rinunciare al nome paterno e al titolo di Marchese, è quella di cambiare anche lo stemma (ci pone una divisa) e il motto che divenne Deus dedit, Deus dabit (Dio ha dato, Dio darà). Motto un poco pretenzioso, se non lo avesse controfirmato lo stesso Dio, dice Dumas. In effetti, Thomas-Alexandre Dumas fece una rapida carriera da soldato semplice a generale e fu il primo uomo di colore a raggiungere questa carica nell'armata francese. I nemici lo chiamavano il Diavolo Nero e fu lui a spianare la strada attraverso le Alpi verso l'Italia nelle varie campagne militari della fine del '700 e poi con Napoleone.



Ho letto con piacere la storia del generale Thomas-Alexandre Dumas delle Mémoires di Alexandre Dumas. Magari risulta piuttosto romanzata, spesso si dilunga in antecedenti interminabili, oppure a volte sembra quasi ammiccare al lettore con quel suo sorrisetto ironico che dice: "Io lo so che è dura da credere, ma andò proprio così", ma nonostante questo, tutto gli si perdona davanti a quel misto di affetto e orgoglio che traspare da ogni siparietto, da ogni frammento del ricordo di un padre-eroe che scomparve dalla sua vita troppo presto (il piccolo Alexandre aveva solo quattro anni quando il Padre morì).


E questo è quanto, almeno per quel che riguarda il nome che tutti contestavano e che anche lui, Dumas père, come suo padre, non prese mai.




Nessun commento:

Posta un commento