domenica 13 ottobre 2013

Tra catacombe e Amontillado


Ecco un'altra storia che vorrei raccontare, trovata ancora nelle Mémoires di Peuchet, e poi giuro che smetto di tormentarvi con le sue storie gotiche. 
Questa volta si tratta della storia di un poliziotto, ligio - fin troppo - al suo dovere.




Napoleone Bonaparte
Antefatto: siamo nel 1821 e voci circolano che Napoleone sia riuscito a fuggire da Sant'Elena e solchi i mari a tutta birra verso Parigi. La notizia destava preoccupazione, visto che non era la prima volta che Napoleone faceva uno scherzetto del genere. Lo aveva fatto già nel 1815, anche se a quei tempi era tornato dall'isola d'Elba e, si sa, l'isola d'Elba è dietro l'angolo rispetto a Sant'Elena. In ogni caso, gli avvistamenti di Napoleone su suolo francese crebbero a dismisura. La polizia di Parigi, allora, drizzò le orecchie, spalancò gli occhi e tutti si diedero un bel da fare per sventare complotti, veri o presunti che fossero. 

In questo clima di solerte circospezione, un agente di polizia di stanza nel quartiere Sainte Geneviève viene insospettito da una casa. Eggià, gli sembrava strana quella casa con le persiane sempre chiuse, ma senza scritte di messa in vendita o affitto. Tanto più che ci vedeva entrare di soppiatto dei loschi figuri, sempre in coppia, sempre guardinghi. Per non parlare del fatto che, una volta entrati, non ne uscivano più. 

Il buon agente decide di mettersi di guardia all'abitazione. Aspetta paziente per lunghe ore e nota infine che il traffico sospetto aumenta intorno al calar del sole. Preso dal senso del dovere, si fa coraggio e affianca un paio di questi individui sospetti. I due lo scambiano per uno di loro e lo invitano ad entrare per cenare insieme. E lui non se lo fa ripetere due volte.

Entrati, un corridoio lugubre li attende con un'unica candela affissa al muro a rischiarare il passaggio. In fondo ad esso, uno dei due chiede: "Saliamo o scendiamo?". L'altro, senza esitare, suggerisce di scendere, perché la compagnia è migliore. 

E cosa trovano al piano di sotto? Ma certo! Una caverna piena zeppa di briganti, ladri, greci, ebrei e chi più ne ha più ne metta. E tutta questa folla di sospetta morale si raccoglieva intorno a delle pietre che fungevano da tavoli e mangiavano il pasto servito da una ostessa rivoltante.

A questo punto, l'agente inizia ad avere un pochino di paura: e se qualcuno lo riconoscesse? Magari tra questi malfattori c'è anche qualcuno che lui stesso ha arrestato. Ma no, sembrano tutti estremamente impegnati nelle loro cose, nessuno fa caso a lui. 

L'arguto agente si accomoda e, tra un boccone e l'altro, studia la situazione fino a quando giunge il momento di pagare, si avvicina alla vecchia ostessa e chiede il conto. Lei, vedendolo strano, gli chiede se è nuovo del mestiere e, tra una chiacchiera e l'altra, nel tentativo di decidere in quale ramo vuole specializzarsi, spedisce il giovane ai piani alti, laddove ci sono i mascalzoni che si interessano alla politica.

Convegno di cospiratori, T. Géricault
Ai piani alti, il poliziotto li trova davvero! Eccoli lì i cospiratori che non perdono tempo in chiacchiere e subito lo ingaggiano a suon di denaro e parole segrete. Ma tra discorsi e segni di riconoscimento, la notte si fa alta e il nostro eroe si rende conto di sfidare un po' troppo la fortuna. Così saluta e torna indietro per regolare ancora una volta i conti con l'ostessa. Eggià, anche i cospiratori mangiano e, probabilmente, bevono. 

L'ostessa lo accoglie con garbo e, siccome "niente torna qui sui suoi passi. Una volta partiti bisogna sempre andare avanti", invece di farlo uscire per la porta da cui è entrato, lo conduce tra passaggi, scale e cunicoli, tutti sapientemente celati da una benda sugli occhi del poliziotto. Quale timorosa sorpresa lo attende quando si ritrova davanti casa sua, con al suo fianco i due tizi che gli avevano fatto da scorta. 

Per fortuna i due non sembrano desiderosi di salire fin dentro casa. Lì avrebbero scoperto la convivente del poliziotto e sicuramente quella santa donna, orgogliosa come era del suo amante, lo avrebbe involontariamente tradito. Ma tutto è bene quel che finisce bene. O quasi. 

Il poliziotto passa tutta la notte a redigere il suo rapporto e la mattina seguente lo consegna immediatamente. Ed immediatamente, dopo solo un'ora, tutto viene arrangiato: cambio di abitazione per la convivente, sistemazione dell'appartamento a fine cospirativa e ordine di attendere 3-4 giorni prima di intraprendere ulteriori passi. 

Passato il tempo stabilito, il poliziotto si ripresenta al portone, entra, ma non ne uscirà mai più.

La polizia lo cerca, ma nulla. Allora forza la porta della casa sospetta, ma anche lì, oltre al corridoio non si va. Il passaggio per salire o scendere sembra scomparso. E così, impossibilitata a fare altro contro una casa senza proprietario, la brava polizia rimane un po' stordita, chiedendosi dove potesse essere finito il buon poliziotto. 

Dopo una ventina di giorni, l'arcano si disvela: il prefetto riceve un processo verbale in cui viene rivelata la fine del ligio poliziotto.

Sfortunatamente, qualcuno lo aveva davvero riconosciuto. Una volta tornato nel covo, i briganti lo avevano preso, ammanettato e trascinato in lungo e in largo per le catacombe di Parigi fino ad arrivare in una sala dei giudizi. Qui, giudici e spettatori incappucciati istruirono un processo formale e, trovatolo colpevole senza difficoltà, lo condannarono al supplizio dell'emmurement: in poche parole lo murarono vivo, lasciandolo morire di fame, sete e terrore in uno degli innumerevoli cunicoli nel sottosuolo parigino.

Storia di catacombe e di ladri, che echeggia in parte nelle pagine del Montecristo. Ma anche in altre pagine d'oltre oceano: catacombe, murati vivi... che anche Edgar Allan Poe si sia ritrovato una copia delle Mémoires di Peuchet tra le mani?

 



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