martedì 17 dicembre 2013

Udolpho tra Italia e italiani



Ann Radcliffe, I misteri di Udolpho, 1794.
Opera in quattro volumi.


Giorgione e Tiziano, Ritratto di nobiluomo veneziano,
 1510 c.
Terzo volume

So far: 

Siamo ancora in Italia e la nostra Emily viene sbattuta tra il castello di Udolpho incastonato negli Appennini e la Toscana, non troppo distante. L'Italia la circonda con tutti i suoi orrori e le sue bellezze.

Che Ann Radcliffe non abbia proprio girato il mondo, l'avevo intuito da quelle palme piantate sulle vette dei Pirenei. Ed infatti le sue biografie raccontano di una vita piuttosto sedentaria, lontana da Pirenei e Alpi, dalla Garonna o dalla Linguadoca e figuriamoci dall'Italia. E probabilmente anche dagli italiani. Come spiegare, altrimenti, l'immagine che esce dai suoi racconti del "gentiluomo" italiano?

Diciamolo, la signora Radcliffe non sembra nutrire una buona opinione del tipo medio italiano: eccessivo, sempre preda delle passioni più sfrenate che inevitabilmente portano al delitto o al peccato, violenti, viziosi.
Non se ne salva uno! O forse uno sì: il fido Ludovico, domestico del cattivissimo signor Montoni, vero eroe di molte situazioni incresciose e amoroso di Annette, la cameriera.

A proposito: di tanto in tanto sulla rete si legge che Emily viene salvata dal suo amore conosciuto in tempi ancora sereni, Valancourt. Ebbene diffidate di simili affermazioni. Valancourt, in questo momento, fa la bella vita a Parigi. Ma non vi svelo altro, se non che è Ludovico che c'entra, e non poco, con la fuga da Udolpho.

  
Caravaggio, I musici, 1595-1596
Altro dato di fatto che probabilmente nasce da un cliché caro alla signora Radcliffe è che in Italia si dorme poco e mai di notte. Allietati da profumi d'aranceti e di mirto, la notte si passeggia vuoi in gondola, vuoi nei bellissimi giardini, a seconda di dove vi capita di trovarvi; si ascoltano stuoli di cantori che sembrano invadere con la loro musica ogni angolo di strada o campagna o canale, si chiacchiera allegramente in compagnia numerosa.
Caravaggio, I bari, 1594-1595.
Questo, naturalmente, se sei un personaggio morigerato. Se sei uno cattivo cattivo, passi la notte tra  tavolo da gioco e complotti e non rincasi se non a mezzogiorno del giorno dopo. Bella la vita, direbbe mio padre.

 
Lorenzo lo vermi, Uva.
 E un'ultima parola la spenderei sul cibo italiano. Cavolo, in questo bel paese gli aranceti abbondano, le greggi non mancano, le mucche muggiscono a distanza, eppure cosa mangiano in preferenza questi ricchi italiani?
Biagio Magliani, Fichi.
Fichi ed uva. Giuro, fichi ed uva! Quando sono stressati e non riescono nemmeno a pensare di potersi sedere a tavola, fichi ed uva; quando sono allegri in compagnia, fichi ed uva; quando vogliono uno spuntino veloce o al pic nic, fichi ed uva.
Ma anche qui c'è una netta distinzione tra gente "per bene" e gente meno "per bene". Se ti capita di essere del secondo gruppo, allora non ti nutri più a uva e fichi, ma a vino, vino e ancora vino.

Bruno Benfenati, Fiaschi.
Concorderete con me che l'ideale italiano della Radcliffe non fa onore ai nostri avi. Ma questo è quanto. Accettiamo rassegnati il nostro ritratto, ma solo perché dubito che il romanzo potrebbe reggersi in piedi se togliessimo al signor Montoni e ai suoi connazionali un po' di quella cattiveria che gli è doverosa sbandierare.

In tutto questo, una domanda mi ha allambiccato la mente per più di qualche capitolo del terzo volume: ma la signora Radcliffe avrà mai mangiato un fico in vita sua?


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