martedì 25 febbraio 2014

La livella di Edgard Allan Poe



Sì, è giunta finalmente l'ora di parlare di lui, The oval portrait, il racconto di cui vi accennavo qui.

Il ritratto ovale, da manuelgraph

La data di pubblicazione del racconto conosciuto come The Oval Portrait risale al 1845; in verità, già nel 1842 era stato pubblicato in una versione più lunga in cui pochi paragrafi introduttivi spiegavano meglio le circostanze del ferimento della voce narrante e l'uso dell'oppio al fine di sedarne il dolore. Questa prima versione portava un altro nome: Life in Death. Nella versione definitiva, Poe elimina gli elementi che potrebbero far pensare ad una sorta di distorsione della realtà indotta dagli oppiacei e introduce subito la storia senza tergiversare.  Niente di strano, visto che Poe è solito farlo: con una sua particolare lucidità,  riesce ad escludere il superfluo e ridurre la storia al minimo indispensabile senza tuttavia rinunciare a nessuno degli effetti voluti. Deve essere stato un perfetto impacchettatore di valigie da viaggio . :D

Ma, a parte gli scherzi, come potrei spiegare l'effetto che lasciano le sue storie confezionate in questo modo se non facendo l'esempio di un diamante perfettamente tagliato per far risaltare tutta la sua luminosità?

Poe è davvero un artista superbo in questo. E The oval portrait ne è un perfetto esempio.

Ma siccome stiamo parlando di inclinazioni del gotico, vorrei prima riassumere a che punto siamo arrivati per capire meglio quale sia il contributo di Poe in questa serie di post.

Sarò breve: la Austen ci dice con candore che fantasmi e complotti sono scempiaggini e non esistono; Dickens ci dice, invece, che ci sono, anche se poi ridacchia tra le righe. Ed Edgar Allan Poe, la mente estremamente razionale che produce delle perfette macchine-gioielli dagli ingranaggi cristallinamente matematici, cosa pensa lui della materia? Ci crede?

Mhhh.

Siccome mi appresto ad un altro dei miei spoilers barbari, vi do' un ultimo avvertimento: anche se vagamente ricordate la trama, andate a rileggerlo al volo prima di continuare il post. Sicuramente ci sono cose che vi sono sfuggite ed averle sotto lo sguardo renderà la comprensione ancora più esaltante.

Detto questo, basta leggere la prima frase de The oval Portrait per capire come la pensa E. A. Poe:

The chateau into which my valet had ventured to make forcible entrance, rather than permit me, in my desperately wounded condition, to pass a night in the open air, was one of those piles of commingled gloom and grandeur which have so long frowned among the Appennines, not less in fact than in the fancy of Mrs. Radcliffe.
Il castello di cui il mio valletto si era avventurato a forzare l'ingresso pur di non permettere che io, nelle gravi condizioni in cui la mia ferita mi poneva, passassi la notte all'aperto, era uno di quei numerosi edifici, mescolanza di oscurità e grandiosità, che da gran tempo si stagliano tra gli Appennini, non meno nella realtà che nell'immaginazione di Mrs. Radcliffe.

Montebabbio - Castellaro (RE), preso da flickr.
Qui si svela tutta la grandezza di Poe a mio avviso. Il diamante cristallino, tagliato fino all'estremo punto in cui ogni luce risalta, tutto quello che deve essere detto è detto senza nessun tipo di superfluo. E qui c'è anche riassunta la chiave di lettura del racconto, un racconto che resta in perfetto equilibrio tra due possibili interpretazioni e su cui l'autore non si sbilancia mai né in un senso né nell'altro.

In una sola frase, il lettore comprende che il narratore è gravemente ferito e che si imbatte in un castello che richiama alla mente quelli alla Radcliffe, con i suoi misteri e fantasmi. Il castello alla Radcliffe non può non destare attese di eventi sovrannaturali e con questo semplice accostamento l'atmosfera è confezionata. Ma non dimentichiamoci che il narratore è gravemente ferito, in preda alla febbre e forse plausibilmente soggetto ad allucinzioni.
Forse.

Ed allora, quando muovendo lo sguardo e la candela sulla stanza poco illuminata in cui passa la notte gli sembrerà di scorgere una figura muoversi nell'ovale del ritratto, il lettore attento, cosa penserà? Il ritratto si é mosso davvero? Il narratore ha un'allucinazione?

Immagine ripresa da Wikipedia
La storia particolare del ritratto farebbe propendere per una spiegazione sovrannaturale, ma quel lettore attento potrà facilmente obiettare che mai, nemmeno per un secondo, si fa riferimento a un qualche evento inspiegabile che abbia trasfuso la vita dalla modella alla sua immagine ritratta. Si parla di cattiva illuminazione e ambiente poco salutare in cui la modella è fatta sedere per ore e ore, di una malattia della ragazza di cui il pittore, preso dalla sua foga creativa, non si accorge; si parla di alta maestria dell'artista nel ritrarre la vita nelle sue opere, ma mai si dichiara positivamente che la vita sia passata dal soggetto al suo ritratto. Ed il lettore, a questo punto, si allambiccherà per ore il cervello nel tentativo di capire cosa lo scrittore volesse che lui credesse: cosa vuole da noi Poe? Qual'è la sua verità?

Chi lo sa? Per questa, come per altre delle sue opere, rimarremo col dubbio. Ma, diciamolo, è anche per questo che consideriamo Poe un genio, no?



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