sabato 22 febbraio 2014

La vocina di Dickens



Da sempre, il modo più efficace per demolire un'istituzione è riderci su. Che sia paura o autorità, l'ironia riesce laddove un esercito (di critici o di militari) fallisce.


Ripreso da Tuttavitarobi


Ma come si fa ad ironizzare in maniera efficace?

La Austen lo fa con metodo quasi pedante: demoliamo drasticamente e sistematicamente ogni caratteristica ricorrente nel romanzo gotico, dal prototipo dell'eroina alla messinscena, affianchiamoci la realtà concreta e il più è fatto. La risata arriva da sola.

Da qui.
Eppure non sempre è necessaria un'operazione così certosina per raggiungere un effetto che smorzi il pathos orrorifico. A volte basta semplicemente manipolare un po' la voce narrante. Magari quello che si ottiene non è proprio una parodia, ma di sicuro è una nuova inclinazione del genere.

Come si fa? Beh, prima di tutto bisogna dare a questa voce narrante un tono cordiale: deve far simpatia; le si concede molta libertà, fino a farla quasi diventare un vero narratore di cui però non si sa nulla se non che conosce bene la storia che narra; ed infine la si pone lì in mezzo tra realtà del romanzo e lettore, in qualità di filtro. Già la sola presenza di questa figura fantomatica, un po' più di una voce narrante, un po' meno di un personaggio, favorisce il distacco tra lettore e narrazione e ridimensiona tutta l'atmosfera di paura.

Un esempio? Ve la ricordate la mia (unica) lettura di Natale? A Christmas Carol (1843) di Charles Dickens.
Ecco, questo è stato l'esempio ispiratore di tutta una riflessione sulla potenza della voce narrante. Quasi quasi ci si potrebbe scrivere un papiro di post sulle inclinazioni della voce narrante per quanto l'argomento è importante e interessante. Beh, almeno per la sottoscritta.

"L'ultimo dei tre spiriti",
ill. John Leech, prima edizione del 1943.
Ripreso da Wikipedia.
Ma torniamo al punto. A Christmas Carol.
A differenza di Northanger Abbey della Austen, qui ci sono davvero i fantasmi.
Alcune scene, quelle più tetre, quelle in cui il narratore sta buono e soffoca la sua solita bonaria ironia, mettono davvero i brividi addosso. Eppure il tono complessivo è completamete diverso dal tono solito del romanzo gotico. Ok, ve lo concedo: in parte è anche dovuto alle scene natalizie, quelle piene di lucine e canti corali che scandiscono la cupa esperienza del signor Scrooge, ma spesso è anche colpa - o merito - della voce narrante che di tanto in tanto ammicca, sorride, tergiversa e ridacchia sotto i baffi.
Così, quello che ne esce fuori non è tanto un racconto di fantasmi, ma una sorta di racconto di Natale con la morale nel finale, il capolavoro che tutti conosciamo più o meno a menadito. Non a caso viene classificato "racconto fantastico" su Wikipedia .

Possiamo dire, allora, che il romanzo fantastico non sia altro che un'inclinazione del romanzo gotico? O forse il contrario?
Mmmmh, a dire il vero bisognerebbe studiarci un po' su. Per ora mi perdonerai, lettore, se non mi soffermo su questa possibilità, ma vado dritta filata per la mia strada. Ma prima o poi conto di tornarci.

Prima o poi.



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