martedì 4 dicembre 2018

La fiosiognomica dei Dubliners

Dubliners

Se James Joyce non avesse deciso, d'un tratto, di diventare uno dei più grandi sperimentatori del '900, credo che sarebbe potuto diventare senza dubbio uno dei miei autori preferiti.
Basta iniziare a leggere Gente di Dublino per comprendere lo straordinario scrittore che era.
Ambienti e caratteri, atmosfere e sensazioni: tutto descritto con pochi tratti vividi, evocativi, essenziali.

Ne parlo qui, appena dopo la tirata sulla fisiognomica, perché risulta lampante l'influenza che la cultura dei tratti aveva anche su un autore come Joyce, sebbene egli non si sbilanci mai tanto da farne un manifesto di carattere, come fa, ad esempio, Monsieur Dumas.
Infatti, senza mai dare giudizi personali, egli introduce le descrizioni dei suoi personaggi con sincerità, ci fa entrare nei loro squarci di vita con naturalezza, per poi rivelarci come quei tratti dei volti, quegli indizi quasi indecifrabili rivelino il vero carattere dei suoi protagonisti.

Un paio sono gli esempi illuminanti in tal senso, o che almeno mi sono sembrati tali. Di questo paio, per non farla troppo lunga, racconterò solo del primo:  Rivalsa.
In breve, un impiegato di un ufficio notarile è tormentato:
  1. dal suo capo che vuole la trascrizione degli atti per la fine della giornata e lo rimprovera quando si accorge che dossier che gli aveva richiesto era incompleto, 
  2. dalla sete che lo porta ad assentarsi dall'ufficio per correre a scolarsi una birra, 
  3. dal desiderio di essere una persona rispettata in qualche modo, foss'anche solamente in virtù della sua forza fisica.
La sera, tra gli amici al pub, un nuovo venuto, un giovane che lavora in una compagnia teatrale, si unisce ai soliti amici e, senza sapere come, si arriva a giocare alla prova di forza. Il protagonista, considerato un vero forzuto, perde la sfida e se ne ritorna a casa depresso, rimpiangendo l'orologio che si era impegnato per racimolare i soldi per la bevuta tra gli amici, il fatto che nonostante il sacrificio di perdere l'orologio non fosse nemmeno riuscito a ubriacarsi e, soprattutto, che la sua nomea di uomo forzuto fosse stata gettata a gambe all'aria da un ragazzino squattrinato che beveva a scrocco.
La storia non finisce qui, ma prima di raccontarvi il finale vorrei tornare all'inizio e farvi vedere il nostro protagonista così come Joyce lo mostra al lettore:
In piedi sembrava alto e di corporatura robusta.
Aveva un viso flaccido, color vino scuro, sopracciglia e baffi biondi; gli occhi erano leggermente sporgenti e la sclerotica di un bianco sporco. Sollevò il piano ribaltabile del bancone e, passando accanto ai clienti, uscì dall'ufficio con passo pesante.
E adesso ditemi voi, cari lettori, come potrebbe finire la storia dell'impiegato squattrinato?

Naturalmente non appare nessuna forma di redenzione a sorprenderci. Al contrario: l'epifania, momento di cui tanto si parla quando si tenta di analizzare Dubliners di Joyce, lo ha colpito in pieno stomaco: forzato a rivalutare se stesso in funzione della nuova sconfitta, si rende conto che la sua forza fisica, qualità che ai suoi occhi gli conferiva ancora una certa dignità, non era altro che un autoinganno. E con la nuova disillusione, ogni stima per se stesso evapora.

Torna in una casa in cui una moglie e cinque figli dormono. Chiama, ma nessuno risponde. Il fuoco si è spento e della sua cena nemmeno l'ombra. Chiama ancora e scende il figlio ragazzino. La madre è via. Allora l'uomo accusa il ragazzino di aver fatto spegnere il fuoco e lo prende a bastonate, mentre il figlio, a terra, lo prega di non picchiarlo, promettendogli che avrebbe detto un'avemaria per lui.

L'epifania annunciata dalla fisionomia dell'uomo è completa. Si è rivelata la vera natura del protagonista. Crudele e triste.

Sui Dubliners ci sarebbero mille cose da raccontare: come dicevo prima, i dettagli, le descrizioni, le atmosfere e il ritratto di una massa di uomini e di donne che in parte riconosco ancora tra gli amici irlandesi che ho conosciuto.

Ma io stavo leggendo altro, se ben vi ricordate. Allora basta divagare, torniamo al punto di partenza.


4 commenti:

  1. Gente di Dublino. Volevo leggerlo da parecchio, non ho mai letto nulla di Joyce.

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  2. Ecco, inizia da Gente di Dublino e poi smetti. :D

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  3. Perche' gli altri lavori sono indecifrabili, o almeno ci vuole una guida alla lettura per apprezzarli davvero. :)

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