mercoledì 25 settembre 2013

Alle origini


È difficile trovare un inizio convincente, uno di quelli che invogliano a restare incollati alla pagina e leggere fino in fondo.
Cosa si può dire ancora sul Conte di Montecristo?

Sorvoliamo sulla trama. Tutti sanno che si parla di tesori, vendette e resurrezioni. 
Forse vale la pena di ricordare la data di pubblicazione, quello sì: 1844. 
Forse bisognerebbe anche aggiungere che il romanzo è stato più o meno liberamente tratto da una storia vera, capitata qualche anno prima. 

Vi ho sorpresi? 

Ebbene sì, un Edmond Dantès è realmente esistito.

Che Dumas trovasse ispirazione scavando in fatti e personaggi realmente accaduti e vissuti, anche se spesso talmente oscuri che a mala pena si ricordano, questo è un fatto risaputo. Ma mentre risulta semplice rintracciare le origini di romanzi come La regina Margot o de I tre moschettieri, quelle del Conte di Montecristo sono un pochino meno note, forse anche meno importanti, ma non per questo totalmente di fantasia. 

Ce le racconta un certo Jacques Peuchet (1758-1830), archivista della polizia di Parigi. Ecco, non immaginatevi il solito tipo in maniche di camicia, occhialetti tondi e penna sull'orecchio.  Peuchet non è il prototipo del modesto impiegato. Durante la sua carriera è stato avvocato, ha collaborato al Dictionnaire de Commerce e all' Encyclopédie méthodique, è stato collaboratore della rivista Moniteur universel, è persino stato direttore del ministero della polizia, ma le vicende alterne degli anni della rivoluzione prima e dell'impero poi lo hanno un po' eclissato, senza tuttavia levarlo di mezzo. Tanto che poi è diventato l'addetto agli archivi della prefettura della polizia. E tra scaffali e documenti, Peuchet raccoglie aneddoti, disegna caratteri di personaggi importanti, ma anche sconosciuti, di un'epoca che da Luigi XIV arriva agli anni della Restaurazione. Li riordina tutti in un'opera in sei volumi pubblicata postuma nel 1838: Mémoires tirés des archives de la police de Paris, pour servir à l'histoire de la morale et de la police, depuis Louis XIV jusqu'à nos jours.

Le Memoires di Peuchet acquisirono un enorme valore all'indomani del 1871, nel periodo della Comune, quando un incendio distrusse gli archivi della polizia di Parigi, mandando in fumo una considerevole parte di documentazione di cui solo grazie alle Memoires è rimasta traccia. Ma, diciamolo, le Memoires non sono preziose solo per lo storico. Non hanno minor valore per noi, lettori curiosi e ammaliati dal Conte, poiché molte sono le storie, gli spunti e i personaggi in questi scritti che stuzzicarono la vena artistica di Dumas ed entrano nel romanzo in parte ritrasformati, in parte fedelmente riprodotti.

La police est le gouffre où tout va s'engloutir… Elle tient registre de tout, vices, crimes, mauvaises actions, turpitude, héroïsme, bienfaisance, générosité, mystifications , espiègleries.
 
"La polizia è un abisso in cui tutto viene inghiottito -  afferma Peuchet, - Essa tiene registro di tutto, vizi, crimini, cattive azioni, turpitudini, eroismi, atti buoni, generosità, mistificazioni, spionaggi."

E tra tutti questi documenti che raccolgono le bassezze e le miserie umane si trovano anche una serie di note ufficiali, estratti, atti d’accusa che, ordinati ben bene, raccontano una storia vera o, come lo chiama Peuchet, un aneddoto contemporaneo che lui intitola Il diamante e la vendetta.

La storia ha per protagonista François Picaud, ciabattino a Parigi. Di lui Peuchet riferisce che era un bel giovane innamorato di una giovane di pari età, ma di condizione economica più agiata. I due stavano per sposarsi e Picaud, nel pieno del suo entusiasmo, comunica la lieta notizia ai suoi tre amici per poi invitarli alle nozze e salutarli così, ignaro dello scherzetto che i tre gli organizzeranno da lì a poco.

E come il nostro Picaud, anche io vi saluto per oggi. La prossima volta, prometto, avrete tutta la storia.


           


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