venerdì 27 settembre 2013

Il diamante e la vendetta




Ogni promessa è un debito. Ed ecco qui la storia completa di François Picaud.

Prima di iniziare, però, vi avverto. La storia che state per leggere è leggermente diversa da quella che trovate su Wikipedia alla voce Picaud. Da parte mia posso solo dire che ho l'originale sott'occhio e che riassumo direttamente dalla storia riportata nel quinto volume delle Mémoires tirés des archives de la police de Paris.
 
Il Forte di Fenestrelle oggi.

La storia, come si è capito, riguarda un certo François Picaud, originario di Nimes, ma stabilitosi a Parigi come ciabattino. Anche lui si doveva sposare con una ragazza amata (e benestante!) e anche lui si ritrova ad invitare a nozze i suoi tre amici. Anche lui viene tradito da questi amici, viene denunciato e siccome le congiunzioni astrali facevano in modo che sembrasse quello che non era (un cospiratore al soldo degli inglesi), viene portato al Forte di Finestrelle e rinchiuso di gran carriera. Qui, egli assiste con dedizione un ricco ecclesiastico milanese e questi, in letto di morte, lo proclama suo erede non solo spirituale, ma anche legale, visto che i suoi parenti non si erano dati affatto il minimo disturbo per liberarlo. Mentre il Conte di Dumas possiede una fortuna illimitata (Dumas dice addirittura 100 milioni!), Picaud ne ha una un poco più limitata, ma non sta male nemmeno lui con i suoi 7 milioni. In più, il suo ecclesiastico gli ha insegnato come far fruttare il gruzzolo e Picaud non resta di certo con le mani in mano.

Quando viene infine liberato per un cambio di poteri (imprigionato nel 1807 sotto Napoleone, verrà liberato nel 1814, con la restaurazine di Luigi XVIII), la prima cosa che fa dopo essersi appropriato del gruzzolo è di tornare a casa sotto mentite spoglie e far di tutto per capire: come era stato possibile imprigionarlo senza motivo?

Il forte di Fenestrelle. Incisione del 1845
Come Edmond Dantès, anche Picaud rintraccia uno dei suoi amici, un certo Vallut, e travestitosi da abate arriva fino a Nimes per raccontargli di Picaud e del suo lascito che consiste in un bellissimo diamante. Come l’abate Busoni del Conte, anche questo abate, chiamato Baldini, riesce a tirar fuori la storia del "complotto" dei suoi amici. Vallut denuncia con qualche esitazione i suoi ex-compagni e per ricompensa incassa il premio, vende la pietra preziosa e uccide per cupidigia il gioielliere. Inutile dire che finisce dritto dritto in prigione. 


Picaud, intanto, torna a Parigi sotto mentite spoglie. Aveva già appreso che il principale traditore, un certo Loupian, aveva sposato dopo due anni di cordoglio la sua promessa (Mercedes ne aveva aspettati uno e mezzo) e che con la sua dote aveva aperto un bel caffé, uno dei più eleganti di Parigi.

A questo punto, una dama si presenta al caffé di Loupian e raccomanda al proprietario un uomo non più giovane, che ha passato tanti guai a causa della restaurazione, ma che vorrebbe essere assunto come limonadier (ragazzo di sala). Perché Loupian accetti, gli viene persino rimesso un compenso mensile di cento franchi all’insaputa del “ragazzo”. Come non accettare?

E da qui iniziano i guai seri. Uno dei tre amici viene ritrovato morto pugnalato sul ponte delle Arti, il pugnale ancora in corpo e sul manico una scritta enigmatica: Numero uno.
La mala sorte non disdegna neanche il cane di Loupian e il pappagallino della sua signora, morti per avvelenamento, stessa sorte che tocca all’altro amico rimasto dei tre. E anche qui, viene ritrovato uno strano biglietto con su scritto: Numero 2.

Ma i guai di Loupian non finiscono mai. Il suo caffé brucia, suo figlio maggiore, avuto da una relazione precedente, viene arrestato per furto e condannato a 20 anni di prigione (indovinate chi ci ha messo lo zampino?) e la figlia, promessa in nozze ad un rispettabile signore che tanto rispettabile non era visto che ne aveva già approfittato, viene abbandonata la sera delle nozze per poi scoprire che il gentiluomo era in verità un evaso. Sebbene i figli non fossero suoi, la moglie di Loupian muore di dolore e Loupian rimane povero, con l’unica consolazione della figlia e del limonadier che non li aveva mai abbandonati nella sventura. Anzi, adesso che la disfatta è completa e i due non hanno più un franco, è proprio lui, il lemonadier che si propone come sostentatore di padre e figlia, a patto però che la figlia gli offra i suoi favori.

Infine, Loupian, abbattuto da tutte queste disgrazie, vaga intontito, quasi pazzo, per le strade di una Parigi deserta e qui, non pago, il vendicatore si accanisce sul suo carnefice e lo uccide con un colpo di pugnale.

Ristorante all'aperto a Parigi. Godefroy-Durand, 1858.
Ma non finisce qui!

Proprio nel momento in cui Picaud uccide Loupian, una figura misteriosa lo incappuccia e lo trascina via in una caverna segreta. Qui, con lo stesso metodo con cui i banditi romani volevano spillare a Danglar il suo ultimo milione, il carceriere cerca di appropriarsi del patrimonio di Picaud. E chi è questo carceriere misterioso ? Vi ricordate Allut, alias Caderousse ? Già, proprio lui! Fuggito dal carcere e venuto a sapere tutta la storia di Picaud (non rivelerà mai come), era tornato per impedirgli di portare a termine i suoi piani, ma raggiuntolo troppo tardi, non poteva far altro se non rubargli la ricchezza. Ma Picaud non è Danglar, non cede alla fame e Allut, in un gesto di rabbia, lo uccide e lo lascia là, nella grotta misteriosa.
  
Solo in punto di morte Allut narrerà tutta la storia al suo confessore che per correttezza manda una relazione alla Polizia Parigina.

Altro che romanzo! 

 

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