giovedì 31 ottobre 2013

Ancora su Glenarvon



Curiosando qua e là sul web, ho trovato qualche strambo lettore curioso che, come me, ha avuto la pazienza di andarsi a cercare e leggere Glenarvon, probabilmente sulla scia di una infatuazione per Lord Byron.

   
Hieronymus Bosh, La nave dei pazzi.
Uno di questi, commentando il romanzo, mi ha fatto riflettere. L'impressione che ne trae mi ha colpita, lo devo ammettere, perché probabilmente è proprio quella che i contemporanei di Lady Caroline Lamb ebbero all'epoca della prima uscita del romanzo: un'invasata che tenta di dileggiare Byron.

Eppure, questi due assiomi incessantemente appiccicati alla figura di Lady Caroline Lamb potrebbero essere ridimensionati, quando non persino stravolti, se si leggesse l'opera non solo in funzione del mito della donna ossessionata dall'amante traditore.

Pazza lo era. O almeno tale fu diagnosticata, tanto da minacciarla di rinchiuderla in istituto se non avesse accettato passivamente la "reclusione" in una tenuta di famiglia e la proibizione di scrivere altro.
Ma poi ti imbatti in un articolo di Leigh Wetherall Dickson, The Construction of a Reputation for Madness: The Case Study of Lady Caroline Lamb, e allora ti viene il dubbio che la definizione di pazzia, come anche la sintomatologia per cui viene diagnosticata, possa variare di epoca in epoca.

Così si scopre che i sintomi che denotano la pazzia morale nell'800 somigliano parecchio a quelli che nella nostra epoca verrebbero accostati ad un carattere poco incline al piegarsi alle convenzioni e forse anche un pochino esasperato (ed esasperante)  nei suoi tentativi di imporsi.

Questa strana malattia del XIX secolo colpiva per lo più donne dell'alta società, lasciate libere di annoiarsi a loro gradimento e che nonostante tale libertà, sentivano il bisogno di sottrarsi agli schemi di comportamento imposti. Ma da questo stato mentale distorto non erano avulsi nemmeno gli uomini. Basti pensare che all'epoca del divorzio, persino a Lord Byron era arrivato a casa un medico mandato dalla sua dolce metà al fine di accertare se non fosse davvero pazzo, visti i chiari sintomi che dimostrava nel suo contegno.
Certo, anche lui non è che si adattasse pronamente alle convenzioni morali dell'epoca.

Ok, innegabile dire che Lady Caroline non era proprio un tipino comune. Ma forse è proprio per questo che le fu affibbiata l'etichetta di pazza. Non era simile alle altre ladies che, pur tradendo e mantenendo relazioni con altri uomini, rimanevano discrete, silenziose nel loro ruolo di mogli affettuose. Non subiva passivamente le imposizioni esterne, nemmeno quelle del suo amante quando questi, stanco dei suoi eccessi, la lascia. Anzi, lo rincorre, lo tormenta, denuncia la loro relazione e crea scandalo in una società che la condanna non tanto per la relazione in se stessa, quanto per la mancanza di discrezione.

Vista in questa ottica, dietro la pazza si nasconde in verità una donna molto intelligente, forse un pochino instabile nei suoi cambi d'umore ed eccessiva nelle sue manifestazioni emotive, ma soprattutto ribelle, e nulla più.

Da una donna così ci si può aspettare di tutto, persino che scriva un romanzo-resoconto delle sue tresche amorose nel tentativo di discreditare il suo amante incostante.
Ma siamo sicuri che fosse solo questo lo scopo di Glenarvon?

Non so, se avesse voluto solo esporre Lord Byron alla gogna pubblica, probabilmente non avrebbe aspettato la sua partenza. In fondo, la conclusione della loro liaison risale al 1812, mentre il romanzo esce nel 1816, un mese dopo la partenza del Lord.

Forse ci potrebbe essere stata un'altra intenzione, allora. Un'altra chiave di lettura che fa meno leva sul pregiudizio comune della donna ossessionata dall'amante.

In un periodo in cui non sperava certamente più in una riconciliazione con il suo oggetto del desiderio, dopo tanti scandali alimentati da lei stessa, dopo tante parole e cattiverie dette e scritte, Lady Caroline si ritrova a scrivere il suo primo romanzo, di getto. Ne esce fuori il racconto di una giovane donna e del suo milieu che tanto la soffoca con le sue regole di comportamento ipocrite e la sua frivolezza. Con una accanita lucidità si auto-analizza, riconosce i suoi difetti caratteriali, ripercorre le tappe della sua vita: il matrimonio felice, l'entrata in società e il cambiamento che essa opera su di lei, l'arrivo dell'amante dispotico che vuole tutto per sé e che la incoraggia persino a fuggire con lui, l'abbandono da parte del crudele, la richiesta del perdono finale al marito e la sua stessa morte, accanto alla morte di altre e altri che come lei sono stati ingannati o offesi dal comportamento di Lord Ruthven. Un bello spoiler veloce veloce, vero?

Naturalmente, nella realtà Lady Caroline non muore, almeno non fisicamente. Ma forse qualcosa di lei, trasfigurata nella sua immagine romanzata, lo fa.

Lo so, può sembrare un azzardo identificare la morte dell'eroina con una specie di catarsi della scrittrice. Alla fine l'eliminazione fisica della peccatrice era d'obbligo negli schemi del romanzo ottocentesco. L'eroina adultera, non trovando una collocazione conveniente nella società, nonostante tutto il pentimento che la coglie, non può far altro che togliersi dalle scene con una bella morte.
Eppure mi suona strano che proprio nel finale Lady Caroline si adegui alle convenzioni romanzesche, permettendo alla sua eroina di fare ciò che lei stessa non si sarebbe mai permessa di fare: morire in silenzio. Non sarebbe da lei.

E se, nelle intenzioni della scrittrice, fosse solo una delle tante anime dell'eroina-scrittrice a morire? Quella che era stata posseduta dall'ossessione dell'amante?

Voi mi direte: ma non potrebbe essere solo uno stratagemma narrativo? Se lei e gli altri non muoiono, come fanno i fantasmi a perseguitare il cattivo?

E pure questo è vero. Ma mi sorge il dubbio che i fantasmi persecutori non siano solamente il colpo di scena del finale, ma anche una specie di anatema scagliato contro il Lord Ruthven in carne ed ossa: sii perseguitato dai "fantasmi" che le tue stesse azioni meschine hanno creato. In parte, conoscendo Lord Byron, questo poteva essere un augurio efficace, visto che nonostante le sue turpitudini, era un uomo capace di provare sensi di colpa, anche se incapace di imparare dai suoi errori.

Che Lady Caroline sia riuscita o meno a liberarsi della sua ossessione per Lord Byron attraverso il suo romanzo, non potrei giurarlo. Credo tuttavia che questa chiave di lettura possa valere bene, se non meglio, di quella che molti si ostinarono e si ostinano tutt'oggi a vedervi.
Poster del film

Se vi ha incuriosito la storia di Lady Caroline Lamb, vi riporto questo link: http://www.sjsu.edu/faculty/douglass/caro/index.html
Qui ci sono molte informazione, anche se in inglese.

E come ultima chicca, vi dico solo che nel 1972, o '73 (non si capisce bene), è uscito un film con Lady Caroline Lamb come soggetto. In italiano suona come Peccato d'amore, in inglese semplicemente Lady Caroline Lamb. Non sono riuscita a vederlo e quindi non so dire quanto i personaggi e la storia siano fedeli alla verità, ma mi piaceva molto la locandina. :D





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