sabato 19 ottobre 2013

I collaboratori Dumas-Maquet


Ero quasi quasi tentata di concludere il capitolo Maquet così, senza aggiungere altro, ma mi dispiaceva tagliare fuori questo:




Questo è un film uscito nel 2010, con Benoît Poelvoorde nella parte di Maquet e Gérard Depardieu in quella di Dumas. La regia? Safy Nebbou.

Se lo cercate in italiano, impossibile trovarlo. O almeno per me lo è stato. Si trova in sottotitoli, ma capisco che non tutti siano disposti a perdere magari una preziosa serata di relax a strabuzzare gli occhi su scrittine mozzicate.

Eppure, il film, alla sua uscita, fece parlare tanto. Purtroppo non a causa del soggetto o della messinscena, ma a causa della scelta del Dumas. Certo, che ci azzecca l'albino Gérard Depardieu con il mulatto Dumas? E non contestatemi che Depardieu non sia albino. Lo so, ma in confronto a Dumas ci può passare, no?

Locandina di teatro
Il film in verità ha ben peggiori mancanze. Ma siccome sono sicura che nessuno lo vedrà (peccato, la recitazione dei due protagonisti la trovo estremamente riuscita); dicevo, siccome sono sicura che nessuno vedrà L'autre Dumas, sorvolo sulle sue debolezze e aggiungo solo che è stato tratto da una pièce teatrale di Cyril Gely e Eric Rouquette e messo in scena nel 2003 col titolo Signé Dumas. La pièce è priva dell'elemento romanzesco (non c'è rivoluzione o stacchetto amoroso), ma si concentra sul rapporto dei due collaboratori.
 

Vi avverto: per chi è abituato a considerare Dumas un eroe del romanzo storico (me per prima), sarà uno shock accorgersi di quanto l'affermazione sulle labbra di Maquet nel trailer ("Sono io Dumas!") possa essere vera.

Leggere La Belle Gabrielle* del solo Maquet è stato illuminante in tal senso. Si percepisce lo stesso tono allegro e sfrontato dei Tre Moschettieri: la leggerezza goliardica dei dialoghi, i caratteri sempre fedeli a se stessi, la trama storica. Ok, forse a volte la narrazione risulta un pochino appesantita da dettagli politici complessi o da elugubrazioni narrative superflue. Come quando il giovane personaggio, invece di correre e scavalcare il muro che lo separa dalla sua amata e per cui si è scapicollato per ore, si ferma ad osservare il ruscello che disseterà il cavallo e si assicura che, legandolo, esso abbia corda a sufficienza per brucare un'ora. Ma al giovane innamorato, e soprattutto a noi lettori, che importa del cavallo in quel preciso momento d'attesa? D'accordo, è un bravo giovane persino con il suo bravo animale, ma si era già capito in diversi dettagli narrati in mille modi diversi, non c'era ragione di infierire.


Tornando al nostro Maquet, fa simpatia la sua figura silenziosa completamente sopraffatta da quella più rumorosa e suadente di Dumas. E lui, Dumas, nonostante tutto non riesce a diventare ai miei occhi il "cattivo opportunista". Il suo genio, magari, è ridimensionato, ma non per questo oscurato. È pur sempre lui che dà verve ai loro lavori comuni. Quello che ho adorato in Dumas diviene quello che adoro, ora, nella collaborazione Dumas-Maquet. Nessun senso di delusione, ma solo affetto per due scrittori che sono diventati grandi solo dopo essersi trovati.
E ciò mi basta.

A questo punto mi verrebbe quasi voglia di partire in quarta verso una dissertazione colta sulla definizione dell'opera d'arte quale forma o contenuto...
Ma no, lasciamo stare. Tanto non ci sarei capace. :D

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* La Belle Gabrielle di Auguste Maquet uscì nel 1854-1855, romanzo in tre volumi che nelle intenzioni di Maquet doveva collegare La dame de Monsoreau e Les trois Mousquetaires, opere create in collaborazione con Dumas. Sebbene sconosciuta ai nostri giorni, all'epoca La Belle Gabrielle fece un buon successo, come anche gli altri due romanzi storici di Maquet: Le Comte de Lavernie e La Maison du Paigneur.

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