mercoledì 23 ottobre 2013

Montecristo e la collaboration



E con infinito ritardo, di cui mi scuso immensamente, mi accingo a concludere questo capitolo delle mie letture-scoperte sulla malandrina collaboration (detto con un tono aulico, ma non troppo :D).
I due carcerieri gettano Edmond in mare
A questo punto uno si potrebbe chiedere (e a diritto) quanto abbia inciso il lavoro di Maquet in un'opera tra le tante... mettiamo... nel Conte di Montecristo, ad esempio. Tanto più che il carattere che dona a opere come I Tre moschettieri o la Reine Margot quella allegria goliardica che li colora, raramente si posa sui protagonisti e i dialoghi del Conte di Montecristo.

Già all'epoca della pubblicazione si sospettava che la storia non fosse tutta frutto dell'immaginazione di Dumas. La attribuivano ad un certo italiano Fiorentino che probabilmente lo scrittore aveva incontrato durante uno dei suoi viaggi in Italia. Tanto era il rumore intorno a questo pettegolezzo che Dumas stesso sente il bisogno di spiegare le circostanze della nascita di Montecristo. Circostanze che ritroviamo nelle Causeries apparse in volume nel 1860, ma già pubblicate altrove. Qui, in breve, Alexandre Dumas racconta le varie circostanze che gli hanno stuzzicato la fantasia. Tra queste non manca una visita all'isola d'Elba e a Montecristo con il giovane figlio del re di Vestfalia Girolamo Bonaparte e le Mémoires di Peuchet. Allo stesso modo nega la partecipazione di questo signor Fiorentino alla stesura del Conte, pur non estromettendo il lavoro di Maquet.

Mercedes e Montecristo

Maquet, a sentire Dumas, aveva partecipato solamente dandogli un buon consiglio. L'opera primitiva contava solo il capitolo Romano e quello Parigino, lasciando fuori tutta la giovinezza e la prigionia di Edmond Dantès. Maquet, a cui Dumas aveva chiesto un parere, gli aveva fatto notare che sarebbe stato un peccato lasciar fuori la parte più interessante. Così l'autore si era facilmente convinto e aveva introdotto tutta la vicenda di Marsiglia.

Secondo la campana di Maquet, il suo stesso contributo era stato un pochino più sostanzioso di quello raccontato da Dumas, tanto che nella sua lista delle opere compiute, scrive:

Monte-Cristo avec Dumas, les quatre premiers volumes à Marseille, le reste à Paris.*
(Montecristo con Dumas, i primi quattro volumi a Marsiglia, il resto a Parigi.)

M. Morrel, Valentina e Jacopo
guardano il conte sparire all'orizzonte



Allo stesso tempo, sempre nei suoi appunti, si ritrova una lettera al suo amico Paul Lacroix in cui afferma che, poiché il Signor Fiorentino ha ceduto a Dumas delle storie di Roma, potrebbe pur essere chiamato collaboratore, ma che al piano dell'opera come anche all'esecuzione dei capitoli hanno lavorato solo lui (Maquet) e Dumas. In ogni caso, riconosce di non aver avuto parte alla stesura della parte centrale, quella romana, parte che secondo lui non ci azzeccava molto col resto, sebbene avesse potuto avere un suo valore se pubblicata a parte. E a questo punto, Maquet si chiede se la storia di Vampa sia del Signor Fiorentino e si risponde con un
Peut-être.
Il Conte di Montecristo: opera a sei mani?
Io preferisco pensarlo come l'opera che più di tutte ha avuto Dumas come padre, anche se conoscendo ormai il suo modo di lavorare, non dubito che la storia del brigante Vampa derivi da altra fonte.

Segnalo, infine, che le immagini sono state riprese da
 http://www.cadytech.com/dumas/galerie.php


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* Histoire d'une collaboration,
Gustave Simon, 1919.

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