domenica 27 ottobre 2013

Lord Ruthven e il dottore



Oggi iniziamo con questo piccolo siparietto tratto da Il Conte di Montecristo:
"Ebbene!" domandò allora alla contessa, dopo che l'ebbe guardato una seconda volta, "che pensate di quell'uomo?"
"A me sembra che sia lord Ruthwen in carne ed ossa."
Infatti questo nuovo ricordo di Byron colpì Franz; se qualcuno poteva fargli credere l'esistenza dei vampiri, era quest'uomo.
"Bisogna ch'io sappia chi è..." disse Franz alzandosi.
"Oh, no" gridò la contessa, "no, non mi lasciate! Ho contato su voi per accompagnarmi a casa, ed ora vi trattengo."
"Come, veramente" le disse Franz, accostandosele all'orecchio, "avete paura?"
"Ascoltate" disse lei, "Byron mi ha giurato che credeva ai vampiri, mi ha assicurato di

averne veduti, e me ne ha descritti i loro visi; ebbene, assomigliano perfettamente a quell'uomo là, con i capelli neri, grandi occhi brillanti di una strana fiamma, quel pallore mortale."

Ecco qua, con una facile associazione, Dumas mi fa cadere tutto il castello di deduzioni e siparietti che avevo immaginato di dover comporre sulla scia di questo misterioso Conte di Montecristo, alias Lord Ruthven, alias Lord Byron.

O forse no.

Ci risiamo, direte voi. Ancora una volta ci ritroviamo davanti ad una descrizione del Conte. Lo so, ormai lo abbiamo ben vivido davanti agli occhi della mente: palliduccio, magrolino, con una bella pelle giovane (incartapecorita?) che non dimostra i suoi anni e uno sguardo infuocato. Beh, sappiamo bene il perché di questo aspetto: è stato in galera 14 anni, mica un attimo, e la mancanza di sole, il pessimo vitto e il desiderio ardente di vendicarsi hanno in parte modellato il suo fisico.

"Aspettate! - ci dice Dumas a questo punto, - nonostante tutto, non lo so mica se lo avete ben inquadrato, questo mio Conte. Magari ve lo figurate visivamente tal qual'è, ma avete compreso quale sensazione di raccapriccio e fascinazione suscita in mezzo ai suoi pari? Ve lo dico io! Quella che susciterebbe un Lord Ruthven, il vampiro di Lord Byron."

Il problema, a questo punto, è che per quanto uno cerchi questo Lord Ruthven nelle opere di Byron, non riesce proprio a trovarlo. Questo, semplicemente perché Byron non ha scritto di nessun Lord Ruthven. Ma non per questo il grande poeta c'entra di meno in questa storia.

Lord Byron, si sa, non era proprio lodato per la sua condotta esemplare tra i suoi simili. Era eccentrico (= strambo), piuttosto autoreferente, professava un amore abbastanza incestuoso e adultero, aveva debiti a non finire, e soprattutto scriveva poesia divina. E tutto questo, naturalmente, porta con sé molti ammiratori, ma anche creditori, invidiosi, denigratori e deploratori. Il modo più sbrigativo e anche meno indolore per togliersi tutti questi fardelli di dosso fu quello di auto-esiliarsi. Dopo il breve matrimonio e il massacrante divorzio da Annabelle Millblank, nel 1816, stanco del disprezzo generale, parte alla conquista dell'Europa, da solo o quasi. Con lui porta solo un certo John William Polidori, un giovanissimo medico che doveva occuparsi della sua salute.

John William Polidori
Il giovane Polidori, come uno ben sospetta, è entusiasta della fortuna che gli spetta. Tanto più che Lord Byron lo tratta da pari. Nonostante questo, la convivenza non dura che pochi mesi. Il carattere di questo ragazzo di origini italiane risulta troppo querulo, cocciuto, persino esasperante per il Lord.

Prima della separazione, Polidori e Byron incontrano sul lago di Ginevra Percy Bysshe Shelley con le sue due accompagnatrici (una é l'amante di Byron, Claire Clairmont, l'altra é la compagna di Shelley, quella Mary che poi darà alla luce il famoso Frankenstein) e, tanto per passare le serate, giocano a mettersi paura a vicenda con storie macabre e di fantasmi. Così, in uno di questi incontri, a qualcuno viene la brillante idea di fare un gioco: scrivere ognuno una storia dell'orrore.

I protagonisti ci si mettono di polso buono. Ma dopo un po' Byron si stanca, gira e rigira su un soggetto che non riesce a decollare e senza rimorsi lo "cede" al suo dottore, Polidori.

Dopo qualche tempo, Polidori ritira fuori il soggetto, lo rielabora per far contenta una dama, ci aggiunge qualcosina e voilà, ecco confezionato The vampyre, a tale.

Vi chiederete: cosa ci aggiunge?
Ci aggiunge il vampiro.

La storia di Byron prevedeva: partenza di due amici dall'Inghilterra, morte di uno di loro in Grecia non prima di aver estorto all'altro il giuramento di mantenere segreta la sua morte, ritorno dell'amico morto e innamoramento della sorella dell'amico vivo dell'amico morto. Ok, un po' nebuloso. Ma se leggete Il vampiro la trama fila. Polidori trasforma l'amico destinato a morire e tornare, un certo Lord Ruthven, in un vampiro e la storia assume una logica orrorifica che regge bene. 

Lord Ruthven visto da lilywight.com
Al momento della pubblicazione (1819), l'editore, un po' per sbaglio, un po' apposta, ascrive The vampyre, a tale alla penna di Lord Byron. E siccome doveva essere ben suo, perché era proprio da lui uscirsene con certe bizzarie, tutti lo credono possibile. In verità Byron lo dice chiaro e tondo: a me i vampiri fanno ribrezzo e non ho di certo scritto una cosa del genere. Ma se non ascoltano lui, figuriamoci se ascoltano il povero Polidori che rivendica con veemenza la paternità dell'opera.

Evidentemente, nessuno dei due riuscì a farsi credere se anche Dumas, nel 1844, diceva ancora che era Lord Byron l'autore di Lord Ruthven.

All'uscita del racconto, la storia di Lord Ruthven fu subito un successo. Naturalmente storie di vampiri giravano già, ma erano più che altro leggende o superstizioni popolari. Polidori, invece, crea un vero e proprio personaggio, gli dona una posizione sociale e lo avvicina, nell'immaginario collettivo, al quotidiano. Di certo avrà provocato non poco scalpore una simile operazione. Inutile dire che sulla sua scia, mille altri racconti si svilupparono a grande seguito, fino ad arrivare a Dracula e anche oltre, fino ai giorni nostri.

Questa é la storia del Lord Ruthven che funge da modello al nostro Conte. Ma chi funge da modello a Lord Ruthven?
Eggià, come potete intuire, la storia non finisce qui. ;)




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