domenica 4 maggio 2014

Poe l'analitico



Dopo un'escursione tra futuri planetari e passati fumigosi, torniamo ad esplorare gli influssi e i generi nati dal genio di Edgar Allan Poe, vi va?

Giungiamo così a parlare di tre raccontini particolari per l'epoca: I delitti della rue Morgue (1841), Il mistero di Marie Rogêt (1842-43) e La lettera rubata (o scomparsa, come meglio vi suona - 1845).
A questi, infatti, si fa risalire tutta la corrente giallo-poliziesca, quella produzione, per dirla con Poe, che usa le facoltà analitiche dei propri protagonisti per risolvere casi all'apparenza insolubili.

Immagine ripresa da airshipdaily.com.
Ne I delitti della rue Morgue, l'autore, prima ancora di infilarci nella scena, ci spiega proprio in cosa si basa questa capacità analitica. Essa è una facoltà mentale che non si lascia analizzare, ma che piuttosto si lascia ammirare solo nei suoi effetti. Suo scopo è quello di "risolvere" e, nel far questo, dona una certa dose di piacere a colui che la esercita. In che ambito si può esercitare? Beh, nella settimana enigmistica, diremmo noi, nei rebus, dice Poe. E cosa è la scena di un crimine se non un rebus?

Continuando su questa via, Poe si diverte a fare dei paralleli tra il gioco degli scacchi e della dama, infilandoci anche il whist, gioco di carte a me completamente sconosciuto, fino a tirarne fuori dei principi. No, non principi del gioco, ma della capacità analitica. E adesso ve lo svelo io, qual'è l'arcano. Il segreto del buon spirito analitico (leggi detective) consiste nel sapere cosa osservare. Perché non solo i fatti strettamente pertinenti, ma anche quelli che non sembrano rilevanti possono apportare un contributo al gioco, che sia scacchi o whist o risoluzione del caso.

E a questo punto parte la storia. Siccome nel prossimo post affronteremo un piccolo enigma, e siccome non sta bene anticipare e magari guastare la sorpresa, vi dico solo di passare per la via Morgue e leggiucchiare i primi paragrafi susseguenti le speculazioni all'apparenza oziose dell'incipit. Tanto per rimarcare che il personaggio che parla in prima persona si trovava per caso a Parigi tra la primavera e l'estate di un certo anno 18... e che incontra un buffo francese, caduto in disgrazia, senza famiglia, che gli racconta ogni particolare della sua storia "con quel candore al quale si abbandonano i francesi quando parlano di se stessi."
Insomma, un signore di una certa cultura, un po' egocentrico, che adora raccontarsi. E adesso mi tappo la bocca, altrimenti tanto vale anticipare il prossimo post.

Illustrazione del 1853 per
The Mystery of Marie Rogêt, 
ripresa da Wikipedia.


Tornando ai tre racconti sopra citati, si sa per certo che almeno il secondo fa riferimento ad un delitto accaduto veramente a New York, nel 1841. Poe, basandosi esclusivamente su articoli di giornale, ricostruisce il "caso", svergogna la poca accuratezza dei giornalisti e risolve l'enigma. O meglio, il suo famoso Dupin, il protagonista del suo primo racconto poliziesco, dotato di forte spirito d'analisi, nato francese e residente parigino, lo risolve. E siccome Dupin non si era trasferito in America, per far quadrare i conti, geograficamente parlando, Poe cambia un po' nomi e luoghi del delitto, trasferendo il tutto a Parigi e trasformando Mary Cecilia Rogers, la vittima, nel suo doppio parigino Marie Rogêt.

Se andiamo a spulciare Wikipedia, come al solito troviamo informazioni stuzzicanti. Del tipo che non era opera rara romanzare un delitto. Ed infatti la stessa storia di Mary Cecilia Rogers fu poi tradotta in fiction da vari scrittori. A rendere la storia accattivante al punto di farne un soggetto d'arte non c'é solo la brutalità del caso. Tutta l'America conosceva già la giovane donna al momento del suo ritrovamento perché non era la prima volta che i giornali parlavano di lei. Già qualche anno prima la ragazza era scomparsa per poi riapparire dal nulla. Va da sé che una sua ulteriore scomparsa e, soprattutto, il ritrovamento del suo cadavere nel fiume, offrirono a più d'una penna l'occasione per scatenarsi.
Rispetto agli altri, in ogni caso, il metodo usato da Poe per sviluppare il suo racconto risulta innovativo, perché non ne esce fuori un racconto comune. Ed infatti, portando all'estremo la sua tecnica analitica, sembra quasi di essersi imbattuti nei resoconti di un'inchiesta. Non c'è romanzo o fiction o come vogliamo chiamarlo. C'è il caso, l'analisi dettagliata, la decostruzione di prove e teorie. C'è il detective che osserva e disseziona ogni indizio con una perizia sorprendente. C'è Sherlock Holmes, c'è Hercule Poirot, Miss Marple e tutti gli altri. E tra tanti, lui, Mr Dupin, è forse quello più in gamba, perché capace di risolvere davvero misteri insolubili ascrivibili alla mano di mostri reali.

Cercando qua e là qualche bella immagine, poi, ho trovato questo articolo su airshipdaily.com. Qui si racconta come Dupin, il detective di Poe, nasce ripudiando il genio di un altro detective, francese anche lui e realmente esistito: Eugene Vidocq.
Non vi nascondo che quasi quasi mi è venuta voglia di andarmele a cercare, queste Memoires di Vidocq, redatte, tra gli altri, anche da Dumas e Balzac.
Vedremo, vedremo cosa ne uscirà fuori.


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