lunedì 15 settembre 2014

Definizione di genere: il giallo




Riesumando i titoli dei gialli che mi sono letta in quest'ultimo anno, mi rendo conto che, pur riuscendo a identificare ognuno di loro come giallo, spesso le loro caratteristiche sono talmente lontane tra loro che si fa fatica a pensarli come appartenenti ad un unico genere.

Cerchiamo allora di fare un po' di ordine.

Cos'è il giallo?

In inglese viene chiamato Crime fiction e secondo me rende meglio l'idea: c'è un crimine commesso, spesso omicidio; c'è un detective non sempre di mestiere che risolve casi usando il metodo deduttivo, quello stesso metodo che Edgar Allan Poe descrive con minuzia all'inizio del racconto I delitti della via Morgue (1841); e c'è, naturalmente, la soluzione del caso.

  
Edizione italiana del 1934
de Le ultime avventure di 
Sherlock Holmes.
In italiano, la stessa definizione è applicabile alla nostra letteratura gialla o, più semplicemente, al giallo. L'uso del termine nostrano si diffonde a partire dal lontano 1929, quando la Mondadori iniziò a pubblicare una collana di polizieschi chiamata Il Giallo Mondadori. Sua caratteristica è la copertina di colore giallo, ovviamente. Sinonimo di giallo è poliziesco, anche se non sempre i poliziotti c'entrano.

Ok, fin qui ci siamo. Tutti i gialli che mi sono letta rientrano in questa categoria generale: crimine, indagine condotta con metodo deduttivo, risoluzione finale.

Eppure è ancora difficile accostare Il libro di legno di Gian Mauro Costa (2010) e Red Dragon di Thomas Harris (1981) e considerarli dello stesso genere.

Fin dall'inizio si vede l'enorme differenza tra i due. Ne Il libro di legno l'indagine non parte da un omicidio (affari legati al recupero di libri dispersi), mentre quelle nel Red Dragon partono da una serie di omicidi plurimi. A chi troppo e a chi niente.
E poi, i toni sono davvero antitetici: il primo si trastulla con lunghe meditazioni, con accidenti anche un po' squallidi e brutali, ma sempre velatamente accennati e di certo non cerca di scioccare il lettore.
Il secondo mira all'effetto raccapricciante, anche se non risulta mai ricercato solo per il gusto di disgustare.

Il primo rientra nella categoria del cozy crime fiction, che tradotto da noi non suona affatto bene (cozy vuol dire confortevole, comodo. Dà l'idea di un ambiente accogliente). L'aggettivo cozy descrive perfettamente l'ambito in cui l'azione viene rappresentata: di solito residenze eleganti, spesso situate nella campagna inglese, abitate da personaggi di estrazione altolocata che si ritrovano un bel cadavere nella sala da biliardo, o nello stanzino. Uno solo, di cadavere, di cui ci viene detto proprio l'essenziale: è morto, a volte strangolato, a volte accoltellato, ma anche a suon di pistolettate, volendo. Il detective di turno, anche lui di estrazione sociale elevata, guarda, congettura, deduce e, alla fine, senza fermarsi troppo su dettagli inquietanti o sporcarsi le mani, trova il colpevole e lo dona alla giustizia. La cosa che affascina di più è che il lettore diventa a sua volta un detective: segue le piste, si scervella di pari passo con l'investigatore. Esempi famosi: Miss Marple, Sherlock Holmes, eccetera eccetera.
Beh, in effetti, è quasi gradevole immergersi in un simile contesto, nonostante il vago dispiacere per quel povero cadavere nella sala del biliardo. 
 
Il secondo romanzo, invece, lo possiamo definire hard-boiled (bollito... sodo... crimine bollito? Da qualche parte avevo letto un tentativo di giustificare l'accostamento del "bollito" al crimine, ma ora sembra sfuggirmi). In questo genere di gialli, l'ambientazione si apre su una periferia cittadina. Spesso i killer si muovono in contesti degradati, non disdegnano l'uso di una violenza esagerata e i detective che li braccano usano, a loro volta, metodi violenti, arrivando ad adottare tecniche d'indagine non sempre lecite. Anche loro, al pari dei loro ricercati, sono spesso tormentati da demoni personali. E poi il cadavere! Al misero numero di cadaveri del giallo cozy si contrappongono le orde di cadaveri ammassati qua e là dell'hard-boiled.
Esempi di questi gialli sono quelli di Raymond Chandler. Lo so, non vi dice niente, o almeno a me non diceva niente. Ma appena aperto The big sleep del 1939 e lette le prime righe, l'influsso che il detective Marlowe ha avuto su gran parte del cinema giallo degli anni... beh, di tutti gli anni o quasi, mi è stato subito evidente.


Ecco qua, Humphrey Bogart che impersona Philip Marlowe in The Big Sleep, film del 1946 che ha fatto scuola. Ve lo avevo detto che qualcosa vi avrebbe detto, non fosse altro per l'associazione di Humphrey Bogart al detective.
Notiamo con raccapriccio la dissonanza di questo personaggio nuovo con i detective che lo precedono: caspita, questo si intasca un bell'assegno di dubbia provenienza, anche se come regola ha quella di essere pagato alla fine del lavoro (e lui dichiara apertamente che il lavoro non è concluso). Quando mai uno Sherlock Holmes avrebbe accettato denaro per il suo operato? E poi lo spudorato erotismo che spilla da tutti i pori, al limite del volgare (cosa? Amazzoni che non vedono l'ora di essere cavalcate dal fantino giusto? Oh, my Goodness!).

Ci sono anche altre particolarità che distinguono Chandler da tutti i precedenti. Ma adesso sorvolo su un eventuale elenco, anche perché quelli di The guardian lo hanno fatto prima (e meglio) di me.

Per conto mio, posso aggiungere che ho iniziato a leggere The Big Sleep senza troppo entusiasmo e che senza rimorso l'ho accantonato a nemmeno la metà. Ellosò, probabilmente ho fatto una sciocchezza e altrettanto probabilmente ci tornerò sopra, e finirò anche di vedere il film, lasciato anche questo a metà. Vai a capire il perché. Forse non è semplicemente il periodo giusto.

Ma non divaghiamo troppo, torniamo al genere.
Tra il cozy e l'hard-boiled c'è un'infinita varietà di ibridi che germoglia nel tempo.

Ad esempio, il giallo giudiziario, in cui il colpevole è già noto e la narrazione di svolge nelle aule del tribunale. Lo scopo del tutto è  incastrare il cattivo, che sia un poco di buono, una compagnia che avvelena acque o polmoni o una qualsiasi altra entità malvagia non-soprannaturale. A volte si scopre che il colpevole non ha colpe e allora il legale assume il ruolo di detective nel tentativo di scagionare il poveraccio ingiustamente tenuto in cella. Esempi famosi che mi vengono in mente, anche se piuttosto recenti, sono i romanzi di John Grisham.

Poi c'è il noir, un sottogenere dell'hard-boiled, in cui non solo la soluzione del caso non è sempre assicurata, per cui niente contentino consolatorio e ristabilimento dell'ordine iniziale, ma il lettore è anche invitato ad una sorta di cogitazione dei contenuti.
Spesso, inoltre, il punto di vista non è quella del buon detective, ma del cattivo criminale.
Altra caratteristica fondamentale del noir sono i toni sinistri, il fosco stato d'animo che sommerge il lettore.
Esempi? Da noi c'è Lucarelli. Penso ad Almost Blue (1997), ad esempio.

Infine, ci sono la letteratura di spionaggio e quella dedicata ai serial killer e persino i thriller vengono associati al giallo (c'è da aggiungere che il giallo giudiziario, come anche quello medico-legale, vengono definiti da alcuni thriller).

Insomma, ne abbiamo di sottogeneri in cui brancolare nel tentativo di classificare le mie letture gialle.

E non è finita qui!
Ma, il resto, al prossimo post.



2 commenti:

  1. Io direi che il giallo classico è quello di Agatha Christie. Sherlock Holmes secondo me si discosta un po', perché non segue propriamente le regole del giallo: il lettore deve avere tutti gli elementi per risolvere il caso.

    Ma non so chi abbia scritto queste regole.

    Il giallo giudiziario mi annoia, come anche i film coi processi: statici e tutti uguali.

    Lo spionaggio non lo farei rientrare nel giallo, ma in un genere a parte. Non ha praticamente nulla del giallo. Prova a leggere Len Deighton, maestro di storie di spionaggio.

    Anche i thriller li metterei a parte. C'è il medical thriller - ho letto due bei romanzi di Paul Wilson. Non so se ricordi il film Coma profondo. Il genere è quello.

    I gialli di Montalbano si avvicinano un po' a quelli di Agatha Christie. Ultimamente ho scoperto dei gialli sui generis, scritti da J.F. Englert, in cui c'è un cane senziente che aiuta il padrone, all'oscuro di questa sua intelligenza. Veramente ben fatti.

    Attendo la seconda puntata :)

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  2. Io ammetto che devo studiare ancora molto per definirmi esperta. :)

    Ad esempio, Sherlock Holmes l'ho letto secoli fa e, da quello che ricordo, non mi entusiasmò troppo. E spero che dopo questa confessione nessuno mi linci. :D

    Per i thriller anch'io li definirei genere a parte, anche se prendono molto dal giallo.

    Spy stories mai lette (e a dir la verità nemmeno mi tentano)...

    Insomma, ne ho di letture da approfondire. :)

    È certamente insolita l'idea del cane detective. Ne prendo nota.

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