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Canti gregoriani |
Il progetto nasceva dal desiderio di parlare della storia in cui i miei lavori si collocano, ossia quella del VI secolo, delle sue curiosità e dei suoi personaggi.
Molti di quei post li considero ancora buoni non solo per quello che raccontano, che poi è quello che mi appassiona di più, ma anche per come descrivono la mia trasformazione da lettrice onnivora a scrittrice di storie ambientate nel VI secolo. Per questo penso di tornare, di tanto in tanto, ad attingere materiale proprio da lì , per poi riproporlo qui.
Così, oggi, vi propongo il post Il VI secolo: quanto ne sappiamo, un breve riassunto delle cose che non si sanno o non si ricordano del secolo in cui i Goti - ma anche i Longobardi - regnavano in Italia.
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Per dimostrare quanto poco ci è rimasto nella memoria di questo periodo indefinibile, che non è più né antichità, ma nemmeno medioevo, provate a fare un esperimento. Prendete la prima persona che vi capita a tiro e chiedetele a brucia pelo: cosa succedeva nel 500 dC? C'era ancora l'impero romano? Chi governava l'Italia? E quali furono gli uomini che si distinsero tra i tanti, se ce ne sono stati?
Ebbene, probabilmente qualcuno vi risponderà a ragione che sì, l'impero romano c'era ancora, ma solo una metà di quello che era stato, e più esattamente quella d'oriente, nota al giorno d'oggi come Bisanzio. Solamente che all'epoca i bizantini si chiamavano e si credevano romani fino al midollo. Bizantini sono stati definiti molto più tardi, dagli illuministi, quando ormai il loro impero non era che un ricordo lontano tre secoli.
Per altri potrebbe suonare banale menzionare il fatto che l'Italia del VI secolo fosse diventata il regno di ben due popoli barbari – Ostrogoti prima e Longobardi poi, e che contemporaneamente, fin dagli anni 30, anche i romani d'oriente vi si trovavano a farci la guerra, nel tentativo di riconquistarla.
Meno banale diventa la faccenda se si cerca di ricordare i nomi dei protagonisti dell'epoca.
Un posto d'eccellenza meritano gli imperatori d'oriente, Giustiniano e Teodora, quelli che hanno tappezzato di loro ritratti la chiesa di San Vitale a Ravenna; personcine oggetto di infiniti pettegolezzi, visto che nelle loro vite precedenti erano stati l'uno figlio di pastori e l'altra prostituta del circo.
Alla storia lasciano riconquiste importanti di territori ex-romani, canonizzazioni di leggi di cui noi seguiamo ancora i precetti, normalizzazioni nelle diatribe religiose all'interno dell'infinita anarchia delle eresie pseudo cristiane del tempo, e alcuni dei più importanti monumenti dell'alto medioevo, non per ultima Santa Sofia a Istanbul, eretta sulle fondamenta di una chiesa precedente distrutta a seguito di una rivolta del tempo.
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Interno Hagia Sophia, Istanbul |
I nomi di questi due suonano squillanti nelle memorie storiche. Ma poi ci sono anche personaggi insospettabili. Ci sono filosofi. Sì, gente di cultura in un'Italia piena di barbari, l'avreste immaginato? Severino Boezio, ad esempio, personaggio che con le sue opere influenzerà la filosofia cristiana del medioevo, tanto che verrà considerato uno dei fondatori della filosofia Scolastica, quel pensiero che cerca di conciliare la fede cristiana con il sistema di pensiero razionale che è proprio della filosofia greca.
E poi ci sono i santi: Benedetto da Norcia, che scrive una Regola per i monaci cenobiti ancor oggi in voga (il famoso hora et labora), o Gregorio magno, il papa che ne fece proprio tante: epurò la Curia, promosse il dialogo con i barbari, convertì popoli lontani, aiutò a risollevare dalle miserie di una guerra quasi secolare la gente del nostro paese, organizzò e coordinò le varie diocesi (per la prima volta un papa di Roma assumeva un ruolo di autorità riconosciuta da tutti gli arcivescovi sparsi qua e là) e, non per ultimo, introdusse il canto gregoriano nella liturgia.
Accanto ai monaci santi, ci sono anche quelli un po' meno santi, ma in odore di santità, a cui l'occidente tutto, e non solo, è grato per la loro lungimiranza. Cassiodoro Senatore, ad esempio, che dopo essere stato il braccio destro di re e regnanti ostrogoti, alla corte in cui lo stesso Boezio, nominato poco sopra, aveva fatto una carriera simile, si fa monaco, si ritira nelle sue vaste proprietà a Schillace, vi fonda una biblioteca e intorno un monastero, e impone ai suoi monaci non solo di pregare e fare opere di carità, ma di copiare, copiare e copiare: testi religiosi prima, e poi anche quelli antichi di varia tradizione. I suoi libri saranno talmente famosi da avere un ampio mercato in tutta Europa. Poi, i benedettini, vedendo che era cosa buona e giusta, riprendono l'abitudine e tutti sanno dove si è andati a finire.
Di personaggi e di storie interessanti ce ne sono a migliaia, alcune di minima importanza per i posteri, altre invece dalla risonanza talmente ampia da forgiare la storia successiva. Come si fa a lasciare inesplorato un simile secolo? Eppure pochi sembrano essersi accorti di lui. Lo dimostra lo scarso interesse che la narrativa ha avuto nei confronti dei protagonisti dell'epoca.
Non dico che sia sempre stato così, qualcuno di famoso ci ha pure scritto su, ma al giorno d'oggi, a voler cercare un buon romanzo sui goti, ad esempio, si rimarrebbe parecchio frustrati.
Pochi di più si interessano ai Longobardi, probabilmente perché si hanno più informazioni su cui lavorare, visto che il loro regno in Italia è durato qualche secolo.
Non sempre questi testi risultano letture semplici e forse anche questo tiene lontano il lettore dal romanzo storico di questo periodo. Di conseguenza, anche lo scrittore se ne tiene alla larga, non osando chiedere al lettore di sostenere lo sforzo a volte notevole di entrare nell'universo alto-medioevale, un mondo permeato di dinamiche sconosciute, spesso persino inverosimili.
D'altro canto, mi direte voi, non è forse il compito dello scrittore accompagnare il lettore in questa riscoperta nel modo più piacevole possibile? Certo, ed è da qui che si distinguono i bravi scrittori da quelli mediocri.
Eppure molte delle cose interessanti che l'autore è costretto a lasciar fuori dalla narrazione per renderla, appunto, il più piacevole possibile, potrebbero a loro volta illuminare in modi misteriosi la lettura per donarle un ulteriore piano di comprensione persino più appagante.
E allora? Cosa ci facciamo di tutte quelle interessanti informazioni che restano tagliate fuori dal romanzo, ma a cui, tuttavia, appartengono e, anzi, sono fondamentali per la sua completa godibilità? Come poterle trasmettere rimanendo fedele allo spirito d'intrattenimento che deve essere l'obiettivo principale del testo?
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All'epoca di questo post credevo che la soluzione a queste domande fosse aprire un blog e infilarci dentro tutte le curiosità e le informazioni necessarie ad acquisire una visione più ampia e precisa del periodo. Ma non avevo calcolato l'impegno che un simile lavoro avrebbe richiesto.
Non per questo rinuncio a studiare e raccontare il VI secolo, ma senza l'accanimento di una volta, con un passo più rilassato: quando capita.
Questo post, originariamente, finiva con una domanda che oggi vi ripropongo, per gioco:
Se vi domandassero cosa è successo nel VI secolo, quali i protagonisti, o anche solo i barbari in circolazione, sareste in grado di nominare una cosa memorabile, o anche solo degna di attenzione?
La risposta è no. Purtroppo di quanto studiato a scuola non ricordo quasi nulla...
RispondiEliminaMa non ci credo che non ti ricordi proprio nulla!
EliminaTu sei uno dei più grandi sostenitori di Anno Domini, come puoi affermare una cosa del genere! :D