martedì 7 agosto 2018

Lista di guerra - 1940: Il potere e la gloria, di Graham Greene



Dopo tanto parlare di ucronie e barbari, oggi torniamo alle nostre liste di guerra e passiamo al 1940.

Anche il 1940 è un anno ricco di romanzi dai titoli di grande spessore. Abbiamo, ad esempio, I cani e i lupi di Irene Nemirovski, autrice famosa per il suo Suite francese di cui parlavamo appena qualche settimana fa; anche Per chi suona la campana di Hernest Emingway esce quest'anno, insieme a Il deserto dei Tartari di Buzzati e ad altri romanzi di genere minore ma non per questo meno importanti: Il tumulo di H. P. Lovecraft, Poirot non sbaglia di Agatha Christie, Addio, mia amata di Raymond Chandler.

Tra i titoli di quest'anno compare anche Il potere e la gloria di Graham Greene, autore che non conoscevo, ma che sembra ben noto e apprezzato tra gli scrittori del '900.

Ma prima di raccontarvi della lettura vera e propria, vi vorrei riferire in breve
le mie personali vicissitudini intorno al testo.

Cercando e sbirciando sulla rete, ho trovato Il potere e la gloria in una di queste librerie digitali gratis da cui spesso scarico opere vecchiotte, quando non antiche. Di solito sono opere dal copy right scaduto e per questo, trovandomi Il potere e la gloria nei loro archivi, mi ritrovai abbastanza sorpresa. Tanto vecchio non è, mi dissi, ma chi lo sa, magari i diritti d'autore inglesi hanno vita più breve di quelli italiani. Forse avrei dovuto insospettirmi un po' di più, ma non lo feci, anche in virtù della piena fiducia che nutro incondizionatamente per le librerie virtuali in genere.

Iniziai quindi la lettura senza esitazioni. Ma ecco, già dalle prime pagine fu chiaro che qualcosa non quadrava. La copia digitalizzata era stata caricata con qualche mancanza: di tanto in tanto si aprivano dei buchi nella narrazione, a volte di una sola pagina, a volte più sostanziosi.
All'inizio ho pensato di poter anche chiudere un occhio, di riuscire a cavare un senso anche senza le pagine assenti, ma quando mi sono ritrovata con una fine  troncata ancor prima della scena risolutiva, sono corsa a controllare da dove venisse la copia scaricata: dall'India.
Ok, mi sono detta, magari la persona che lo ha caricato non era pratica, o ha fatto un lavoro frettoloso. Salvo poi constatare sulla copia italiana, prontamente acquistata, che le pagine mancanti erano proprio quelle che riguardavano più da vicino il mistero del sacerdozio, dell'eucarestia, della confessione. Le pagine, in poche parole, più toccanti del racconto, mentre il finale trascurato dava un senso compiuto a tutta l'esperienza del personaggio e chiariva molti passaggi che, fino a quel momento, erano passati al mio sguardo come minori.

Non mando imprecazioni a quel tizio che, mi viene il dubbio, ha cercato di boicottare il romanzo (dubito che una persona senza un chiaro intentoin questo senso avrebbe saputo fare un'opera di epurazione tanto precisa), anzi, lo ringrazio, perché durante la seconda lettura le parti che mancavano nella prima versione sono risaltate ancor di più e hanno dato ancor più senso al messaggio di Greene.

Ma di cosa parla Il potere e la gloria?

Greene scrisse il suo romanzo in seguito ad un viaggio nelle terre del Messico proprio all'indomani della fine della persecuzione anticattolica. L'esperienza colpì notevolmente lo scrittore, tanto che gli fu d'ispirazione.

E qui ci sta bene un po' di storia.

Il Messico, da sempre paese dalla fortissima tradizione cattolica, si ritrovò nel XX secolo ad essere governato da una élite filo-americana a forte componente anti-cattolica.
Col mutare dei sentimenti, sempre più frequenti divennero le violenze contro la Chiesa e i cattolici e l'autorita non solo tollerava un simile stato di cose, ma lo incitava, tanto che nel 1915 si giunse ad assassinare 160 sacerdoti.
Nel 1917 si promulgò una legge sulla disciplina dei culti, legge che tuttavia solo nel 1926 il presidente Plutarco Elías Calles, fortemente anticattolico, applicò alla lettera. In essa si comandava la chiusura delle scuole cattoliche e dei seminari, l'esproprio delle chiese, lo scioglimento di tutti gli ordini religiosi, l'espulsione dei sacerdoti stranieri e l'imposizione di un "numero chiuso" per quelli messicani, che avevano l'obbligo di obbedire alle autorità civili; inoltre si arrivò al divieto di utilizzare espressioni come: «Se Dio vuole», «a Dio piacendo», il divieto per i presbiteri di portare l'abito talare e in alcuni stati si tentò perfino di costringere i preti a prendere moglie. Agli impiegati cattolici si impose di rinunciare alla propria fede per non perdere il lavoro e in tutto il Paese iniziarono attacchi ai fedeli che uscivano da Messa o alle processioni religiose. Spesso erano proprio le autorità civili a fomentare i malumori.
(ripreso più o meno parola per parola da Wikipedia)

Questo l'evento che ispirò Graham Greene. E questa di seguito la trama che ne è venuta fuori:
In un Messico insanguinato dalla rivoluzione, in un paese che perseguita, fucila o costringe al matrimonio i ministri di Dio, l'ultimo prete è braccato in una spietata caccia all'uomo. Su di lui pende una taglia, un Saint-Just idealista e implacabile segue le sue tracce. La preda non ha nome. La gente lo chiama «il prete spugna». È indegno, debole, impuro. Il peso delle sue colpe è l'unico bagaglio che si porta appresso. Vorrebbe mettersi in salvo, allontanarsi per sempre da quell'angolo di mondo dimenticato da Dio e che di Dio sembra volersi dimenticare. Ma una forza più grande della sua debolezza lo costringe a ritornare sulla via del suo calvario. 

L'onore e la gloria, in verità, non è la storia di un prete ubriacone e lussurioso che vive nel Messico anti-cattolico e cerca di rimanere vivo. Il potere e la gloria è la storia di tutta la Chiesa e dei suoi ministri.
Il prete, protagonista principale, non viene mai nominato per nome, quasi non ce ne fosse bisogno, perché lui non è un individuo, ma è IL sacerdote di Dio. È il sacerdote che sente e vive la pietà e la carità nei confronti dell'umile e del sofferente, persino del traditore, ma è anche il prete orgoglioso, saccente, ubriacone e vizioso, pronto a tornare alle sue logiche meschine, a raccimolare denaro appena gli si presenta l'occasione. E purtuttavia non mette mai in discussione i misteri della fede cattolica, anche se poi non è in grado di seguirne i precetti.
Personaggio che ricorda fortemente i tanti papi e vescovi nella storia della Chiesa che, pur difendendo e mai minando i dogmi e i precetti sacri, si sono lasciati sedurre e corrompere dalla mondanità, dalla vita terrena, la stessa che seduce il prete del romanzo di Greene.

E nonostante questo, il prete non è una figura perdente.
Mi piacerebbe qui raccontarvi la fine, decantare le bellezze di un compimento narrativo davvero efficace, ma poi vi rovinerei la sorpresa. E allora passo a raccontarvi dell'altro personaggio importante della storia, di cui non tutti i commentatori sembrano essersi accorti: il tenente.

Il tenente è di fatto un militare indio. Uomo brusco, crede fortemente nella sua missione: quella di estirpare il male cattolico dal paese per il bene del popolo. Questa è la fede in nome della quale compirà anche atroci delitti contro lo stesso popolo. Disposto ad uccidere innocenti pur di scovare l'ultimo prete fuggitivo, non è tuttavia un uomo cattivo. Più volte lo vediamo compiere atti gentili nei confronti dei deboli. Alla fine, in fondo in fondo, vuole la stessa cosa che vuole anche il prete: la salvezza degli uomini. La differenza tra i due la spiega magistralmente il prete, nel loro ultimo incontro:
Questa è un'altra differenza tra noi. Quello che fate per realizzare il vostro scopo non serve a niente se voi personalmente non siete uomini buoni. E non ci saranno sempre uomini buoni nel vostro partito. E allora vi ritroverete con la solita fame e violenza e voglia di arricchirsi a ogni costo. Invece, il fatto che io sia un vigliacco... e tutto il resto, non ha molta importanza. Io posso ugualmente deporre Dio nella bocca di una persona e posso darle il perdono di Dio. E questo varrebbe anche se ogni prete della Chiesa fosse come me.
Un uomo da solo, per quanto giusto, non può portare il bene lontano.
Senza Dio e senza la fede, per quanto giusto, quell'uomo non produrrà cambiamenti duraturi. E il fatto che la Chiesa sia ancora in piedi dopo duemila anni nonostante le mille mancanze e meschinità degli uomini lo dimostra.

Prima di smetterla di tormentarvi con le mie chiacchiere su Il potere e la gloria che, come si sarà capito, mi è davvero piaciuto, vi racconto un altro aneddoto.

Alla sua prima apparizione, il romanzo fece scalpore laddove meno ne avrebbe dovuto fare, ossia negli ambienti cattolici, tanto che rischiò persino di venire posto all'Indice dei libri proibiti della Chiesa. Fu l'intervento del cardinal Montini, futuro papa Paolo VI, che lo salvò dalla sua sorte. Del resto, papa Paolo VI dimostrò in più riprese una grande stima nei confronti dell'opera di Greene. E Greene, consapevole della forte componente anticonformista della sua opera, commentò:
Il prezzo della libertà, anche nella Chiesa, è l'eterna vigilanza, ma io mi domando se uno qualsiasi degli Stati totalitari, sia di destra o di sinistra, mi avrebbe trattato con la stessa gentilezza.
E per finire, ho trovato un video di Rai Cultura Letteratura in cui il critico Edoardo Rialti parla del romanzo di Greene. Se avete tempo, dateci un'occhiata. Spiega molto bene il romanzo e il suo significato, molto meglio di quanto possa fare io.




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