venerdì 10 agosto 2018

Liste di lettura - 1941: Le chiavi del regno


E nel 1941? Cosa si pubblicava?

Elio Vittorini pubblicava Conversazione in Sicilia e Vitaliano Brancati Don Giovanni in Sicilia; Gli ultimi fuochi incompiuto di Francis Scott Fitzgerald, Ignazio Silone e il suo Il seme sotto la neve, una manciata di romanzi fantascientifici di Heilein e un'altra di romanzi gialli di Scerbanenco.

E, tra gli altri, anche un romanzo di A. J. Cronin: Le chiavi del regno.
Mi pare una coincidenza alquanto particolare il fatto che, nel giro di un paio di anni, due scrittori britannici, Grahan Greene e A.J.Cronin, abbiano prodotto due romanzi che narrano le vicende di due sacerdoti cattolici. A dir il vero, non sono gli unici a parlare di preti. Anche in Italia i sacerdoti di provincia compaiono protagonisti in diversi romanzi. Eppure non me lo sarei aspettato un simile interesse da parte di due cittadini di un paese di fede anglicana.

De L'onore e la gloria di Graham Greene ho già parlato lungamente nel post precedente. La figura del prete che, nonostante la sua umanità e le sue sconfitte, non abbandona mai la sua fede e la consapevolezza dell'importanza della sua missione di sacerdote, è piena di profondità e di messaggi ortodossamente cattolici. L'importanza dei precetti, degli insegnamenti, dei sacramenti e di Dio nella vita del credente sono la spina dorsale del romanzo e vengono analizzati con grande competenza.

E A. J. Cronin?

Il romanzo di Cronin Le chiavi del Regno narra la vita di padre Francis, un prete cattolico scozzese. La narrazione si sofferma, in particolare, sugli anni della sua missione in Cina, nella provincia di Pai-Tan. Padre Francis verrà messo alla prova da molte avversità durante la sua lunga carriera missionaria: peste, fame, guerra, banditi sono gli ingredienti che lo temprano e lo portano a crearsi una sua visione del sacerdozio sicuramente difforme da quella dei suoi colleghi che fanno carriera a casa e che non comprendono né possono condividere il suo slancio amorevole e soprattutto tollerante nei confronti di tutti gli uomini, che siano di fede uguale o diversa dalla sua.
Così, se da una parte manca completamente una profonda spiritualità e un rapporto del prete con Dio, il protagonista di Cronin manifesta una forte convinzione di fondo: prima di tutto sono le azioni di un uomo a parlare della sua fede, e quindi non ha molta importanza la predicazione vera e propria.
Ma soprattutto:
La Chiesa è la grande madre che ci aiuta a procedere, pellegrini, attraverso la notte. Ma forse ci sono anche altre madri e forse anche qualche povero pellegrino solitario, per quanto faticosamente, arriverà a casa senza guida.

Molto spesso si ha l'impressione che più che davanti a un missionario cattolico si stia davanti ad un umanista dalle visioni religiose alquanto indefinite, che vede nella bontà d'animo la vera forma di redenzione dell'umanità. Prova più che sintomatica è che l'autore stesso non chiama quasi mai il protagonista col suo titolo di sacerdote, ma semplicemente col suo nome di battesimo: Francis.
Insomma, un prete moderno, per dirla con una punta di polemica, che ha perso molto del suo originale rapporto con Dio per diventare un filantropo con poca relazione con la Croce sulle spalle.
Non che l'alternativa di prete che Cronin gli mette accanto sia molto più edificante: arrivisti incartapecoriti, dediti a comprare con il denaro le conversioni, egoisti che pensano solo alla carriera personale e alla gloria terrena.

Non nego che la differenza anche psicologica, oltre che drammatica, dei due preti usciti fuori dall'Inghilterra durante gli anni della guerra è immensa. Dopo aver letto Il potere e la gloria risulta davvero difficile provare una sincera simpatia per le vicissitudini del buon Francis.

E tuttavia, devo ammettere che c'è stata una parte del romanzo che mi ha divertita particolarmente: la prima, quella che di solito viene considerata meno riuscita, in cui Cronin racconta l'infanzia del suo personaggio. Le scene vivide di una Scozia povera e dignitosa sono molto accattivanti e potrei persino dire che sono in linea con i grandi romanzi di denuncia ottocenteschi, se avessi letto Dickens. Ma Dickens non l'ho mai letto e quindi non posso azzardarmi al parallelismo.
Lo so, lo so, dovremo rimediare, prima o poi. Ma lasciatemi prima seguire il filo logico della lista, altrimenti chissà dove arriviamo...



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