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Fernandel, Gino Cervi e Giovannino Guareschi sul set di Don Camillo e Peppone |
Finite le vacanze, finito il recupero da Jet Lag, sono di nuovo in me, pronta a raccontarvi qualcosa di questo mese passato in Italia.
No, non starò a propinarvi luoghi e tappe delle mie vacanze italiane, almeno non in dettaglio, anche se una mezza tentazione ce l'avrei. Vi dirò invece quello che, tra lettura e scrittura, ho fatto in concreto: un bel niente.
Sul fronte della scrittura, nulla. O forse diciamo il minimo sindacabile. Ho revisionato un ultimo capitolo di un ultimo racconto e ho tastato - o forse testato? - il terreno per allargare l'orizzonte di un bel lavoretto che coccolo da qualche mese. Nulla di che, considerando che la maggior parte di tutto questo è stata fatta in aereo, durante il viaggio di ritorno.
Nel campo delle letture, a parte una breve vagabondata in libreria che, come mi direte voi, non può essere considerata opera prettamente attinente alla vera e propria lettura, la mia relazione con i libri si è limitata al trafugare un paio di volumi dalla libreria a casa di mia madre (un bel Papà Goriot di Balzac in edizione super tascabile e super economica e un Manuel Vázquez Montalbán, accodati uno dietro all'altro in una fila di desidero leggere già chilometrica). Ah, dimenticavo la lettura a singhiozzo di un'opera mastodontica di cui non sono pronta a raccontarvi, ma prima o poi...
Questo è stato l'andazzo generale. Poi, naturalmente, ci sono stati gli eventi inaspettati. Uno solo, a dire la verità, ma appagante quanto basta.
Tutto iniziò quando, partiti io e la famigliola per uno dei nostri giri da turisti per l'Italia, giungemmo in una casetta in mezzo alle colline casentine che una volta avremmo chiamato casolare, ma oggi porta il nome di Bed&Breakfast. Immaginatemi nella casetta, tra la natura più dolce come solo una primavera appena maturata può produrre, a gironzolare per le stanze della casetta in esplorazione, gettando di tanto in tanto un'occhiata dalla finestra verso le pargole per vedere come procede la cattura delle farfalle col retino del mare. Così, con un occhio alle pargole e uno alla mini libreria della saletta da pranzo, una folgorazione improvvisa, una scoperta sorprendente mi capita all'improvviso. Cosa trovo lì, in bella mostra, ad aspettare proprio me?
Un volumetto che solo qualche settimana prima, a casa a Singapore, mi ero data tanta pena a scovare in formato elettronico, senza molto successo: Mondo Piccolo: Don Camillo, di Giovannino Guareschi (1948).
Eccomi, allora, l'attimo successivo, seduta nel giardino ricolmo di rose, dimentica delle figlie che, finito di torturare le farfalle, si dedicano a sterminare i grilli. Un'unica consapevolezza pressante assilla la mia mente: non farò mai in tempo a finire il volume nei magri tre giorni in cui abiteremo la casetta tra le colline casentine.
Ora: tutti sanno di cosa parla don Camillo, non foss'altro per i film con Gino Cervi e Fernandel che ne sono stati tratti.
Ma se proprio non lo sapete, ecco qui il riassunto in quattro e quattr'otto:
In un piccolo paese della Bassa Padana (all'indomani della fine della seconda guerra mondiale - aggiungo io), la vita si svolgerebbe tranquilla se le dispute tra il parroco (Don Camillo) e il sindaco comunista (Peppone) non fossero all'ordine del giorno. I due tentano di ostacolarsi vicendevolmente, benché fondamentalmente si stimino. Don Camillo, a causa del suo temperamento, deve subire i frequenti rimproveri del Crocefisso nella sua chiesetta.(preso da Mymovie, perché non è mica semplice trovarlo fatto bene sulle vetrine dei grandi store on-line!)
Quindi, come si diceva, leggevo a tutta birra i racconti del prete e del comunista quando, a parte ritrovare scene del film guardate e riguardate ogni anno della mia infanzia con un gran gusto e che ricordo ancora per bene, mi sono imbattuta in un brano di appena poche righe, buttato lì con noncuranza, e che tuttavia merita attenzione. Sì, perchè il breve paragrafetto fa eco a pensieri di altri intellettuali dello stesso periodo, anche se Guareschi difficilmente si sarebbe definito tale, che a loro volta si sono dati gran pena per cercare di analizzare e comprendere gli accadimenti del passato recente (ricordiamoci che si era appena vissuta una tra le guerre più nefande della storia). Da tale bisogno nasce spesso una riflessione profonda, e pessimistica, aggiungerei, sul significato della Storia in senso lato e sul ruolo che l'uomo ha in essa.
La storia non la fanno gli uomini: gli uomini subiscono la storia come subiscono la geografia. E la storia, del resto, è in funzione della geografia. Gli uomini cercano di correggere la geografia bucando le montagne e deviando i fiumi e, così facendo, si illudono di dare un corso diverso alla storia, ma non modificano un bel niente, perché, un bel giorno, tutto andrà a catafascio.Siccome la prossima volta parlerò di un'autrice che nutre lo stesso pessimismo nei confronti della Storia, mi sembra simpatico introdurre l'argomento con questa breve citazione di Guareschi. L'ho tratta dall'introduzione a Don Camillo, un piccolo capolavoro di per sé, che varrebbe la pena di leggere per intero. Da essa si capisce molto dello scrittore e della sua poetica, ma anche dell'uomo che, onestamente, ho molto apprezzato.
Per i racconti che fanno parte della saga di Don Camillo e Peppone, se proprio non avete tempo, guardatevi il film. Fedele in gran parte e divertente. Io conto di farlo a breve con le pargole. Sarà come tramandare ai miei figli un po' delle mie suggestioni di bambina e, allo stesso tempo, raccontare una storia d'altri tempi.
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