Ludovico Ariosto, L'Orlando furioso, 1532.
Illustrazione di Gustave Doré, ripresa da commons.wikimedia.org |
Ammettiamolo, quando si pensa al mondo dei paladini e dei loro amori la figura che ci fa la donzella è quella della povera indifesa, spesso in pericolo, gentile e delicata come un fiorellino di campo. Ecco, quella non è la dama dell'Orlando. Scordiamocela, perché secondo Ariosto, nessuna dama è indifesa, gentile e in attesa del cavaliere che la salvi - o la sposi.
Dante, Petrarca e Boccaccio, con le loro dame celestiali, ma anche i trovatori con il loro amor cortese, sono tutti morti. Alle perfette dame d'altri tempi, il cui compito è quello di elevare i cavalieri, sono succedute donne tutto d'un pezzo, determinate forse più degli uomini.
Donne in valore ed armi simili agli uomini, dagli stessi appetiti, che sanno come usare la loro bellezza o la loro forza per raggiungere i loro fini.
No, decisamente Ariosto ha una visione meno idealizzata della donna. E lo dimostra non solo descrivendo Angelica la subdola, che usa i suoi mille amanti per levarsi d'impaccio per poi dimenticarsi senza rimorsi di tutti loro appena il caso glielo consiglia.
La donna dell' Orlando furioso possiede ciò che, a volte, si ha l'impressione che i paladini non abbiano: una loro identità. A ben guardare, sono proprio loro, quelle dotate di una maggior concretezza psicologica, se di psicologia si può parlare nell'Orlando furioso, a spiccare nell'arena degli eroi. Basti pensare ai paladini Rinaldo o Orlando, Ruggero, Astolfo: figurine ritagliate intorno ad un'armatura scintillante riempita di onore, coraggio e valore. Contrapponiamoli poi ad Olimpia, ad Isabella o a Fiordiligi, rappresentanti della virtù e della fedeltà. Le loro storie, i loro drammi, il loro sacrificio risultano molto più toccanti e reali che non una qualsiasi impresa dei cavalieri loro consorti; risultano più vive, se non proprio per una loro profondità psicologica, almeno per una loro identità tragica estremamente ben studiata.
Illustrazione di Gustave Doré, ripresa da pinterest. |
Questo lo riprendo dall'XI canto e parla di Olimpia.
67 Le bellezze d’Olimpia eran di quelle
che son più rare: e non la fronte sola,
gli occhi e le guance e le chiome avea belle,
la bocca, il naso, gli omeri e la gola;
ma discendendo giù da le mammelle,
le parti che solea coprir la stola,
fur di tanta eccellenza, ch’anteporse
a quante n’avea il mondo potean forse.
68 Vinceano di candor le nievi intatte,
ed eran più ch’avorio a toccar molli:
le poppe ritondette parean latte
che fuor dei giunchi allora allora tolli.
Spazio fra lor tal discendea, qual fatte
esser veggiàn fra picciolini colli
l’ombrose valli, in sua stagione amene,
che ’l verno abbia di nieve allora piene.
69 I rilevati fianchi e le belle anche,
e netto più che specchio il ventre piano,
pareano fatti, e quelle coscie bianche,
da Fidia a torno, o da più dotta mano.
Di quelle parti debbovi dir anche,
che pur celare ella bramava invano?
Dirò insomma, ch’in lei dal capo al piede,
quant’esser può beltà, tutta si vede.
La storia di Olimpia è una di quelle che maggiormente commuovono. Ma perdonatemi se non ne farò qui il riassunto. Per chi è curioso, ce se sono a miriadi sul web.
Ruggero portato via da Bradamante. Ripreso da ebooks.adelaide.edu.au |
E poi arrivano le streghe, le maghe, le meschine che cercano il loro profitto sia in amore che in potere, sempre e solo slealmente.
E Ariosto? Cosa pensa in realtà della donna?
Beh, non sembra averne sempre un'opinione molto positiva, anche se si scusa mille volte per questo con le dame che lo stanno ad ascoltare. In verità, sotto sotto, nonostante le invettive, Ariosto ama le sue donne. Arriva persino a difenderne l'adulterio, riconoscendo loro il diritto a godere degli stessi diletti amorosi che l'uomo si prende senza porsi problemi. Senza contare l'affetto commosso che traspare per alcuni dei suoi personaggi femminili. Non a caso sono queste, le dame a cui lui sembra più affezionato, quelle riuscite meglio, capaci di coinvolgerci ancor oggi.
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