Vignetta ripresa da Hark, a vagrant |
Come Kate Beaton ha centrato nella sua vignetta (http://www.harkavagrant.com/index.php), molti illustri seguaci presero d'esempio Edgar Allan Poe e iniziarono a fantasticare, anche se con una certa serietà, intorno al mondo del possibile e del probabile, sostenuto da una base pseudo scientifica.
Fotografia di Jukes Verne di Félix Nadar, 1878 c., ripresa da Wikipedia |
Anche lui scrisse un romazo Dalla terra alla luna (1865) prendendo ad esempio il viaggio di Hans Pfaall e l'attegiamento scientifico che caratterizza la sua impresa. Ho chiamato Dalla terra alla luna romanzo, vero? Beh, forse avrei dovuto chiamarlo "trattatello sulla costruzione di un proiettile - missile - navicella spaziale capace di arrivare sulla luna, o quasi, con dentro qualche uomo - diciamo tre".
La trama in sé è breve, quasi insignificante. Con un bell'umorismo tipicamente francese (ben diverso da quello inglese distinto ed elegante, ma sarcastico e ammiccante), Verne si immagina che tutti quei grandi conoscitori di armi e balistica che sono gli americani si ritrovino delusi dalla conclusione della rivoluzione americana e non sapendo più come impegnare tempo e conoscenze, decidano di tentare l'impossibile: creare il missile perfetto che arrivi sulla luna e lasci il segno.
Tutto il racconto non è altro che calcoli, teorie, invenzioni plausibili, incoronata dalla storia delle scoperte astronomiche, ma anche da quella delle creazioni fantastiche e letterarie su tale soggetto (con una speciale menzione d'onore per quell'Hans Pfaall di Poe).
Insomma, una lettura non proprio scorrevole, se ci mettiamo anche che Verne la infarcisce di numeri, misure e misurazioni (e sono tante davvero!) in piedi, leghe, pollici e chi più ne ha più ne metta. Così, una come me, pigra di natura, si ritrovata abbandonata al volo caotico di un' inesperta fantasia che tenta di considerare grandezze criptate, tra uno sbadiglio e l'altro.
Illustrazione dell'edizione del 1872. |
Di fondo, si percepisce lo spirito che muoveva Verne: l'assoluta fede verso la scienza.
Non dimentichiamoci in che periodo Verne viveva. Ormai le conoscenze fisiche e matematiche erano arrivate ad un punto in cui si credeva di comprendere quasi tutto. Da questo assunto era facile arrivare a credere che con un po' di applicazione e sforzi sperimentali si sarebbe arrivati all'inarrivabile. Quando la scienza divenne protagonista anche nel campo letterario, essa trovò un buon terreno su cui sperimentare le ipotesi deterministiche che grandi fisici e matematici come Laplace avevano formulato (in soldoni: la teoria scientifica ha un carattere di prevedibilità poiché ogni stato od evento dell'universo è conseguenza di stati ed eventi precedenti e, a sua volta, causa di quelli successivi. Basta conoscere la successione precisa degli avvenimenti per determinare quale sarà il risultato, come anche quale è stato l'antefatto)*. Fino a quando, per caso, si vide che non sempre le previsioni, per quanto fondate matematicamente, si avverano. La meccanica quantistica dell'inizio del 900 prima e poi la teoria del caos rivalutano la materia e tutta la cieca fiducia nell'analisi scientifica viene scossa.
Ma questo succederà solo nel secolo successivo e Verne continuerà a costruire macchine futuristiche e far sognare viaggi meravigliosamente fantascientifici per decenni, divulgano informazioni scientifiche sotto forma di racconti fantastici e ispirando generazioni di sognatori, proprio come lui era stato ispirato dal nostro Poe.
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* La filosofia di Laplace è, naturalmente, un pochino più complessa; il filosofico lo spiega meglio di quanto potrei farlo io con la mia scarsa preparazione scientifica.
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