Sì, lo so. Vi avevo detto che saremmo passati ad altre corti, altre epoche. Ebbene, vi ho mentito.
O meglio, ci finiremo, prima o poi. Ma proprio un attimo dopo aver dichiarato le mie intenzioni, mi è venuto in mente che avrei dovuto parlare di Calvino e della sua lettura dell'Orlando. Non avrei proprio potuto lasciarlo nel silenzio.
Grazia Nidasio, Ariosto e Calvino, tecnica mista su carta, 2009. Immagine presa da arabeschi |
Dovete sapere che mentre mi avviavo alla conclusione del poemone, mi sono sorti dei dubbi amletici riguardo alle prime imprese degli eroi: non ricordavo più chi aveva liberato chi, come erano fuggiti questo o quello, dove avevo già incontrato quell'altro...
Converrete con me che ricominciare la lettura tutta da capo per togliermi questi dubbi sarebbe stato da folli. E, allora, mi è tornato alla mente che Calvino, proprio quell'Italo Calvino di cui avevamo parlato a proposito di Montecristo, aveva scritto qualcosa sull'Orlando, qualcosa che assomigliava ad un riassunto senza, tuttavia, esserlo.
Ed infatti, nel 1970 esce l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto riletto da Italo Calvino.
Possiamo dire che il volumetto nasce come "raccolta" di un paio di esperienze di Calvino roteanti intorno all'Orlando. La prima è stata la scrittura dell'introduzione per una edizione dell'Einaudi dell'Orlando (1966), mentre la seconda è stata la stesura di una serie di trasmissioni radiofoniche per la Rai, quando la Rai ancora faceva il suo lavoro di divulgatore di cultura.
Ci sono varie cose di cui rallegrarsi riguardo al volumetto in questione. Prima di tutto, la mole! Che non è fattore da poco, aggiungo.
Non che Calvino faccia un semplice riassunto dell'Orlando. Prende alcuni tra i passaggi principali, tanto per aver un'idea organica, fa una specie di riassunto commentato del brano in questione e ci infila le strofe originali che stuzzicano maggiormente il suo gusto. Ottima cosa, per una trasmissione didattica: mai pesante, avvicina il lettore alla musicalità del verso senza sotterrarlo nella copiosità delle rime desuete.
E poi c'è da ricordare la splendita introduzione che fa la storia del personaggio di Orlando, delle varie tradizioni, delle particolarità, eccetera eccetera. Anche solo per quella, varrebbe la pena leggerselo.
Ed, infine, grazie a Calvino, ci siamo risparmiati una sencoda lettura dell'Ariosto. Mi ha raccontato di nuovo quello che avevo dimenticato e mi ha fatto persino notare che la storia dell'Ariosto dell'inizio, quella tutta piena di diversioni e passaggi segreti in mille storie diverse, si fa meno tortuosa verso la fine, concentrandosi sui pochi ma buoni che rimangono.
Ci sono anche delle affermazioni che io non condivido totalmente (del tipo che Ruggero, al contrario di Astolfo, è personaggio schivo ad usare la magia e gli strumenti magici; cosa non vera, perché quando gli fa comodo, la usa e come! Vedi l'ippogrifo o lo scudo di Atlante che viene gettato via solo verso la metà della storia).
Ma in generale, non posso che lodare e anche suggerire questa lettura.
Quindi, questo è quello che dall'Orlando si è tirato fuori a livello radiofonico. Vediamo un po' se è stato fonte d'ipirazione anche altrove?
Calvino è uno di quei geni che non torneranno mai. Ora vedo di ritrovare dove ho ficcato il mio Orlando per dargli almeno un'occhiata :D
RispondiEliminaAll'Orlando? Un'occhiata all'Orlando?
RispondiEliminaEhm...
All'Orlando di Calvino, intendi dire. :D