Io ero quella, tanto tempo fa, che quando si parlava di narrativa di guerra storceva il naso e cambiava argomento.
"Storie che virano sul patetico", mi dicevo, "scritte per far piangere".
Ma poi l'età avanza, la visione delle cose cambia, gli interessi si trasformano in modi inaspettati, ci si imbatte in una passione incomprensibile per un VI secolo pieno di guerre e si sente l'urgenza di documentarsi non solo sulle battaglie storiche, quelle riassunte sui libri di scuola, ma anche sui risvolti psicologici e sulla vita quotidiana di chi vive la guerra. Prima di tutto la guerra in trincea, poco importa di che epoca.
Per questo ci si avvicina a grandi scrittori come Hemingway e Alianello. E quando la curiosità per la vita di trincea viene esaurita, si passa a quella della gente che la guerra la subisce nei luoghi della vita quotidiana.
Questa letteratura è quella che definirei la guerra delle donne, un po' perché riguarda prima di tutto loro, le madri e le mogli che portano sulle loro spalle il doveroso compito di sopravvivere lontano dai fronti, e un po' perché le donne sono molto brave a parlare della lotta alla sopravvivenza di gente comune.
A gennaio mi sono imbattuta in Suite Francese, di Irène Némirovski. Un romanzo corale delizioso in cui protagonista è la classe borghese francese che, sorpresa dall'invasione dei nazisti e dalle loro bombe, fugge come meglio può per salvare il salvabile.
Recentemente ho finito anche La Storia di Elsa Morante.
La Storia narra le tragiche vicende di Useppe, nato dalla violenza che la madre, Ida Ramundo, maestra elementare vedova ed ebrea, ha subito da un giovane militare tedesco, un ragazzo incosciente — e al tempo stesso spaventato e melanconico — alla ricerca di una donna che lo consoli della sua triste condizione di soldato.
Sinossi tratta da italialibri.net
Useppe è il protagonista della Storia che parte da lontano, più precisamente dagli accadimenti politici internazionali di inizio secolo, e arriva agli anni del dopoguerra. Useppe è il prodotto di una Storia (perdonate il termine orribile, ma non me ne vengono di migliori) che si adopera in tutti i modi per annientarlo.
I romanzi della Némirovski e della Morante sono due narrazione dal sapore, dalla struttura, dalla drammaticità diversa, eppure due grandi storie. Anche per questo mi viene naturale accostarle.
Ma partiamo dalle autrici: chi sono Irène Némirovski ed Elsa Morante?
Entrambe hanno origini ebree. La Némirovski morì in un lager nazista nonostante non avesse mai celebrato le sue origini nei suoi scritti o pubblicamente. Lei si sentiva prima di tutto francese e credeva che la nazione francese avrebbe protetto i suoi cittadini dagli orrori della guerra, a prescindere dalle loro origini o dal loro credo. Nella sua Suite francese non compare nemmeno marginalmente l'ebreo, ma protagonista diventa il borghese e le sue tante meschinità. Ed infatti, il suo romanzo diventa un'accusa feroce a una classe dirigente incapace di pensare ad ogni bene che non sia il proprio. Attraverso lo scorrere e il ricorrere di diversi quadri in cui i protagonisti si incontrano per caso e per sbaglio, (politici, artisti, collezionisti, ricchi borghesi), la Némirovski ci mostra con il suo tono leggero le miserie e le cause del disastro francese, rimanendo sempre lucidamente distaccata dalla materia che racconta.
Anche Elsa Morante aveva sangue ebraico nelle vene. Questa appartenenza, anche se solo a metà, è impressa fortemente nella sua opera e nei suoi personaggi. La madre di Useppe è perseguitata dalla paura che la sua "colpa", l'essere per metà ebrea, venga scoperta. Per gran parte dei primi capitoli, la donna vive una sorta di attrazione che spesso diventa repulsione per il ghetto e i suoi abitanti.
Accanto alla madre, nella Storia compare anche un altro ebreo, Davide Segre, il personaggio a mio parere più riuscito: ebreo, figlio di borghesi e anarchico, dopo il piccolo Useppe è la seconda grande vittima della Storia.
Nato da una famiglia benestante ebrea, ne disprezza le visioni e le piccole ipocrisie, tanto da estraniarsi da loro per abbracciare idee anarchiche. Ma quando la famiglia che tanto disprezza viene trasferita nei lager a morire, ecco che la sua anima si lacera tra l'odio e l'amore per i suoi cari. E mentre i suoi sentimenti anarchici, che rigettano la violenza come il male supremo, inneggiano l'amore per l'umanità tutta, Davide si ritrova partigiano, a uccidere senza pietà il nemico tedesco che ha massacrato la sua famiglia e a diventare lui stesso il nemico. Una volta finita la guerra, incapace di perdonarsi per le mille colpe dell'umanità che sente come sue proprie, si lascia vincere dal dolore, fino a cercare una fuga nell'oblio e a morirne.
I personaggi di Elsa Morante sono tutti un po' così. Non sono capaci di ribellarsi al destino e prendere in mano la loro vita. Agiscono d'istinto o d'inerzia. Uomini, donne, persino animali vanno avanti con la consapevolezza di essere bestie da preda, nel continuo terrore di un pericolo di cui non riescono nemmeno a comprendere l'essenza. E il nemico vero, alla fin fine, non sono i nazisti o i fascisti, ma la stessa Storia che porta alla creazione di aberrazioni ideologiche e umane.
La differenza tra le narrazioni delle due scrittrici, come si capisce, sta nel loro scopo: la prima mira a denunciare la classe borghese e la sua incapacità di rispondere al momento cruciale storico come bisognerebbe; l'altra accusa l'intera Storia di non aver altro scopo che sopprimere l'innocenza.
A partire da questi due diversi propositi si modella anche la struttura e il tono della narrazione.
Nella Nemirovski è semplice: si susseguono dei quadri narrativi in cui ogni personaggio viene svergognato impietosamente con uno sguardo non tanto moraleggiante o accusatorio, quanto ironico, ma senza cattiveria.
Tutto è lieve nonostante la tragedia, tutto è elegante.
Nella Morante non è così.
Certo, anche la voce di Elsa Morante sa raccontare bene. A volte può sembrare prolissa, a volte oscuramente lirica, ma la lettura scorre sempre piacevolmente.
Ogni capitolo del romanzo si apre con un resoconto degli accadimenti politici degli anni narrati, un bollettino dalla precisione di un manuale di storia. Alla cronaca politica internazionale si affianca la storia del piccolo Useppe e di coloro che fanno parte del suo quotidiano. Con questo parallelismo la Morante si propone di dimostrare come le due storie, quella con la S maiuscola e quella del piccolo Useppe, siano strettamente legate e come lo scopo della prima non sia altro che annientare il piccolo innocente a cui proprio lei ha dato vita.
Tutta la storia e le nazioni della terra s'erano concordate a questo fine: la strage del bambinetto Useppe Ramundo.A questo punto starebbe bene una buona analisi della visione ideologica della Morante da una parte e della Némirovski dall'altra, ma io qui mi fermo: più oltre non oso andare.
Suite francese l'ho letto con gusto e ci sarebbero tante cose da raccontare, ma devo ammettere che è La Storia della Morante che mi ha preso più la mano e che grida a gran voce qualche post in più. Per questo da questo post inizierà una breve carrellata di articoli dedicati a La Storia. Vi ricordate? Una volta le chiamavo le Reading in Progress ed è così che continueremo a chiamarle.
La Storia della Morante ce l'ho. Ogni tanto leggo qualche brano, ma prima o poi mi decido a leggerlo.
RispondiEliminaLe storie di guerra mi piacciono. Di recente ho letto "Arrivano!" di Paul Carell.
Com'è Carell?
EliminaBe', credo che La Storia ti appagherà. Conoscendo il tuo debole per i volumi sostanziosi...
M'è piaciuto abbastanza. Anni fa presi il cofanetto con quel libro e altri 3, due sono sulla guerra in Russia.
EliminaAllora mi segno il titolo. :)
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