martedì 4 settembre 2018

L'uomo dai cerchi blu

The chalk circle
L'uomo dai cerchi blu di Fred Vargas è il primo di una manciata di gialli letti da me di recente il cui comun denominatore è il carattere latino dei detective o dei loro scrittori.

Con Fred Vargas, scrittrice francese di gialli molto popolari, avevo già fatto conoscenza qualche anno fa. A quel tempo lessi Debout les morts (in Italiano: Chi è morto alzi la mano) e, a dirla tutta, non mi fece esattamente impazzire.
L'impressione che mi fece fu di essere abbastanza tirato per i capelli, caratterizzato da una sorta di sciatteria non tanto nella scrittura, quanto negli ingranaggi della trama, come se per pigrizia l'autrice non si fosse impegnata troppo nel tentativo di renderla credibile.
Certo, l'atmosfera parigina, con i suoi boulevard, i caffè e le trattorie dal carattere così squisitamente francesi, e l'eleganza di certe figure di donna, e le case e le stagioni, tutto questo affascina il lettore. Eppure ero decisa: non avrei più speso soldi su Vargas.
Questa la risoluzione presa all'epoca.
Eppure rieccomi qui, a leggerne un altro con l'intenzione di darle un'altra possibilita.

Di questa nuova lettura, alcune cose le ho apprezzate. È vero, all'inizio si ha l'impressione che la storia sia di un'esasperante lentezza e, almeno per una buona metà del romanzo, ci si chiede se non si stia girando troppo intorno a un caso che caso non è.

La trama in breve:
Per le vie di Parigi si ritrovano dei cerchi di gesso blu tracciati intorno a dei rifiuti di varia natura. Il commissario Adamsberg, un tipo che si potrebbe definire al meglio come "peculiare", ammette tranquillamente: il delitto non c'è, ma arriverà, eccome se arriverà! 
Tanta è l'aspettativa di vederselo cascare dal cielo, questo delitto, che quando arriva quasi non fa impressione, né sui personaggi, né sul lettore.

A parte questa lentezza, lo ammetto: ci sono cose che ho apprezzato.

Quali?

La descrizione del commissario Adamsberg, ad esempio. I suoi colleghi, all'inizio della sua carriera, lo chiamavano "il bambino selvaggio" per via della sua figura piccola, solida e dalla carnagione scura. "Hai il corpo di una creatura selvatica", gli fa una sua collega, "ma possiedi anche una grazia che è unica".
Oppure, quando il suo assistente lo osserva con l'occhio del caricaturista, l'analisi dei tratti del commissario risulta quasi cubista:
Era come se sessanta facce fossero state mischiate insieme per farne una. Il naso era troppo gande, la bocca storta, mobile e senza dubbio sensuale, gli occhi erano vaghi e elusivi, la mascella troppo prominente [...] era come se Dio avesse finito la materia prima quando aveva fatto Jean-Baptiste Adamsberg: aveva dovuto guardare in fondo al suo cassetto e mettere insieme tratti che non avrebbero mai potuto essere combinati insieme.
 E a rafforzare l'impressione, l'assistente Florence afferma:
Il nuovo commissario le faceva pensare a un principe fiorentino piuttosto depravato visto in un dipinto su qualche libro.
Chissà perché mi è venuto in mente il ritratto di Tiziano del nobiluomo veneziano, dipinto intorno al 1510, anche se tra Firenze e Venezia ce ne passano di chilometri!


Questo ultimo riferimento al principe fiorentino perverso mi porta ad altre considerazioni sul romanzo e su dettagli che ho molto gradito: riferimenti più o meno volontari a una cultura di fondo che c'è e salta fuori appena può.

Il vice del commissario Adamsberg si chiama Danglard, nome troppo vicino al Danglar del Conte di Montecristo di Dumas, uno dei miei romanzi prediletti, per non far risuonare corde segrete in sottofondo.

E poi il marito di una delle vittime, famoso bizantinista che si occupa in particolare della storia di Giustiniano imperatore. E qui, se un minimo mi conoscete, avrete subito capito la particolare affinità che provo per questo personaggio. O per la scrittrice che nel suo romanzo ci infila un simile personaggio.

Nonostante queste piccole coincidenze di gusti e di interessi dell'autrice mi rendano più simpatica la storia, ammetto, per finire, che no, tutto ciò non mi farà cambiare idea una seconda volta: niente più Vargas nelle mie letture.
E se mai vi capiterà di leggere un altro post su un altro libro della scrittrice che adesso depenno dalle mie liste di lettura, be', ricordatemi e bacchettatemi a dovere, pur senza biasimarmi troppo.

D'altronde si sa, i lettori sono volubili per natura.


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