venerdì 14 settembre 2018

Labirinto greco


Pepe Carvalho
Alla nostra carrellata di detective latini non poteva mancare Pepe Carvalho, l'investigatore spagnolo di Manuel Vázquez Montalbán.
Purtroppo non sono partita a leggere il primo romanzo della serie, ma quello che la libreria in casa di mia madre offriva, ossia Il labirinto greco. Ed eccone il sunto:
Barcellona 1992: Madame Delmas, affascinante donna francese, si rivolge a Pepe Carvalho per ritrovare l’uomo della sua vita, improvvisamente scomparso: si tratta di un giovane immigrato greco, Alekos, bellissimo, con un corpo da “atleta ellenico adolescente”. Al termine della labirintica ricerca – nei quartieri devastati dalla speculazione edilizia che tramuta ogni angolo di memoria in cantiere – riaffiorerà il corpo del giovane… Il labirinto greco è la giusta prosecuzione dell’elegia urbana iniziata con Il centravanti è stato assassinato verso sera, in una Barcellona in cui ormai “ha senso solo la distanza più breve tra vendersi e comprarsi”.

A dire il vero, il romanzo non è proprio ambientato nel 1992, ma un paio di anni prima, quando i cantieri di Barcellona erano ancora in pieno lavorio e la città appariva come un'enorme araba fenice che risorgeva dalle ceneri di quartieri decadenti.
Ma non è sull'immagine della Barcellona prossima alle olimpiadi che vorrei soffermarmi, anche se essa permea gran parte del romanzetto.

Piuttosto parlerei delle ispirazioni che Montalbán ha saputo donare ad altri. Per esempio, a Camilleri.
Tutti sanno che il Montalbano del nostro Camilleri è ispirato in più modi dall'opera di Montalbán. Io personalmente trovo interessante rintracciare questi modi. Quello più plateale è il nome del personaggio di Camilleri, che, in tributo all'autore di Pepe Carvalho, ne riprende il nome.
Ma poi ce ne sono altri che a volte, più che spunti, sembrano equivalenze, quasi a significare che, sotto sotto, siciliani e spagnoli potrebbero anche essere culturalmente interscambiabili senza troppi traumi.

Prendiamo, ad esempio, la passione per la cucina.

Entrambi i detective amano la buona cucina e ce la infilano nei racconti appena possibile. Nel romanzo di Manuel Vázquez Montalbán Il labirinto greco, Pepe Carvalho ha appena ricevuto il suo incarico: ritrovare un greco dai gusti sussuali indefiniti e dotato di un pathos erotico estremamente romantico, oltre che ellenico. A questo punto, il nostro detective si mette a cucinare. E quale piatto più appropriato all'occasione che una Moussaka fatta in casa - non quella che si trova nei ristorantini all'aperto greci, ma una vera Moussaka,
con strati di melanzane passate in padella, strati di carne macinata e insaporita, strati di soffritto di cipolla, pomodoro, forse aglio, salvia, il tutto ricoperto di besciamella formaggio e poi gratinato. 
E per accompagnamento, a parte qualche libro di autori greci da bruciare nel camino, abitudine peculiare del detective, un buon Corvo di Salaparuta siciliano, a ribadire, come fa Camilleri, una certa familiarità non solo tra detective spagnoli e siciliani, ma anche con i sapori greci e mediterranei in genere.
Non aveva sotto mano vino greco, ma un corvo di Salaparuta siciliano che gli somigliava quanto i vini di Murcia, di Alicante o di Algeri.
In verità, il cibo per Carvalho non è solo un passatempo sofisticato e un po' snob, ma una valvola di sfogo, un metodo essenziale per sopravvivere alle difficoltà del vivere:
"Ogni volta che mi inviti a cena in realtà hai sfidato te stesso in cucina e quando tu cucini è perché ti senti nevrotico, ossessionato da qualcosa che non hai ben digerito".
lo analizza il suo amico.
C'è da dire che la preparazione del menu dell'invito a cena ci tiene occupati per ben due pagine e mezzo e la preparazione risulta così dettagliata ed elaborata da farci quasi sospettare che anche Manuel Vásquez Montalbán, un po' come il famoso Alexandre Dumas, contava di passare alla storia più come scrittore di ricettari che come romanziere.

Anche Montalbano di Camilleri ha un rapporto simile con la cucina, anche se i suoi piatti sono meno elaborati forse, sicuramente, almeno nella descrizione, più brevi.

Tornando al romanzo di Vázquez Montalbán, farcito di uno stile barocco a volte ridondante, si regge su una doppia indagine che, più che per la curiosità di arrivare a una soluzione, va avanti per il gusto di inalberarsi nei lunghi sproloqui di un Carvalho ormai invecchiato, davanti a una Barcellona sottosopra per i prossimi giochi olimpici, su uno sfondo di nostalgici hippy e ambienti omosessuali o trasgressivi che un po' stancano per la loro convenzionalità.
D'altro canto, a sua discolpa c'è da dire che non è stata una mossa molto azzeccata, da parte mia, quella di scegliermi uno degli ultimi libri della serie, ma questo è: questo avevo in libreria e questo ho letto. Mi verrà mai la voglia di andarmi a cercarmene altri del nostro?

Mmh...

Mai dire mai, ma per ora mi dirigo verso altri orizzonti narrativi, facendo volentieri a meno di voltarmi a ripensare alle crisi di mezza età di un detective spagnolo amante delle melanzane in tutte le salse.



2 commenti:

  1. Non mi attira molto la narrativa latino-americana e spagnola. Ho apprezzato Zafon, finora. Mi è poi arrivato in regalo un romanzo storico, medievale, di Ildefonso Falcones, ma è il seguito de La cattedrale del mare.

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  2. Quindi ti devi andare a cercare il primo romanzo, per goderti il regalo. :D
    Neanche a me attira troppo la letteratura spagnola. Ma, a dir la verita', non e' che ne sia una grande conoscitrice.

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