lunedì 11 agosto 2014

La Baronessa Orczy



Finalmente, come promesso, siamo arrivati a toccare altri lidi, altre corti, altre epoche. Siamo arrivati fino agli albori del secolo scorso, non tanto per ascoltare storie di casate novecentesche, ma per saltellare un'altra volta indietro nei secoli. L'autore che ci ricatapulta a spasso nel tempo è questa signora:

è
Ritratto della Baronessa Emma Orczi, Bassano.


La baronessa Emma Orczy, nata nel 1865 e morta nel 1947, autrice di una serie di romanzetti storici che possiedono notevoli pregi, accanto ad altrettanti difetti.

Non vi dice ancora niente il suo nome? Beh, associamolo a La primula rossa (1905), ed ecco che qualcosa inevitabilmente vi tornerà alla memoria.
Ma prima di parlare del suo capolavoro, voglio parlare un po' di quello che mi ha stuzzicato nella lettura delle sue opere.

Ho iniziato con Petticoat government (1910), conosciuto come Petticoat rule in America, e sconosciuto in  Italia. Come l'ho trovato io? Al solito modo: per caso. Vai su Project Gutenberg, sfogli i titoli dell'autore che non sai nemmeno tu come ti è saltato all'improvviso in mente, leggi un titolo strambo, improponibile, quasi ridicolo e, visto che quel giorno ti senti un po' così, lo scarichi e lo leggiucchi. O lo divori. Dipende dal tempo, o dallo stato d'animo o da piccoli particolari senza importanza sparsi nel romanzo, come il fatto che tra le sue righe riecheggiano riverberi di altre letture.
Esempio?
La Gavotta che risuona nelle stanze da ballo. Non la gavotte di Rameau che Andrea Sperelli e donna Maria Ferres amavano ascoltare, ma quella di Lully, probabilmente ballata così:




E, poi, le ambientazioni, le epoche storiche. È evidente, la baronessa ha letto ed ammirato Dumas. Perché magari non subito, ma dopo un paio di romanzi presi a caso, risulta chiaro che i suoi racconti ripercorrono gli ambienti, i paesi e persino le epoche delle opere di Dumas. Così, ancora una volta siamo sbalzati nelle corti dei vari Luigi (in questo caso XV) o nell'Olanda ai tempi di Guiglielmo d'Orange.

Ma diamo un'occhiata ai titoli per convincercene: Leatherface (Faccia di cuoio - 1916) che ricorda un po' la maschera di ferro (Il conte di Bragelonne, 1848); La primula rossa, 1905, che rimanda a Il tulipano nero, 1850. Titoli che si richiamano l'un l'altro, sebbene solo superficialmente, perchè poi, le storie, a parte forse qualche spunto, si sviluppano in modi diversi. E persino Beau Bracade (1907), quello che sembra il più dipendente dal suo doppio Robin Hood (1863), ma anche dallo scanzonato D'Artagnan con le sue risse spadaccine, persino lui, dicevo, si rivela poi possessore di un carattere e uno sviluppo tutto suo.

Insomma, viene la tentazione di affermare che la baronessa non è altri che un Dumas al femminile. Questo basterebbe a far capire che cosa aspettarsi da un'opera della Orczy.

Prima di tutto, ci sono sempre due piani narrativi: la scena storica con i personaggi ripresi dalla cronaca del tempo e il proscenio, su cui i protagonisti, anche loro parte della scena, si distaccano da essa e vivono in parallelo una dimensione più interiore: la storia dell'innamoramento.
Troviamo, allora, il grande conflitto politico, le cospirazioni, gli intrighi e i malintesi storici; e troviamo, in primo piano, personaggi ad uno stesso tempo protagonisti degli eventi, ma anche della loro storia privata che, inevitabilmente, è storia d'amore.

Il contesto storico non è analizzato in profondità e i suoi personaggi, spesso antagonisti degli eroi, sono figurine piatte. Ma quando passiamo al piano della storia "intima", i caratteri principali si delineano in tutt'altro modo, acquisendo una loro complessa dimensione che stride fortemente con la caratterizzazione degli antagonisti.
Così, in Petticoat Government, al re Luigi XV, avido e sempre alla ricerca di divertimenti sfarzosi che  allevino l'eterna noia, si contrappone un marchese di Eglington, uomo all'apparenza succube della madre e della moglie, creduto pavido e influenzabile, dalle risorse interiori insospettate. Alla Pompadour, amante del re civettuola e astuta, si contrappone la figlia del primo ministro Lydie d'Aumont, donna dalla grande sagacia politica, sempre padrona di se stessa ed estremamente orgogliosa. Nel corso della storia, i personaggi principali matureranno, e grazie a questa crescita, non solo sconfiggeranno il nemico esteriore, ma supereranno anche la loro incapacità di comunicare.

Copertina della prima edizione. Presa da yesterdaysgallery
Lo schema dei personaggi fulgidi in primo piano che si contrappongono ai personaggi bidimensionali storici  in secondo piano si ripete spesso nei romanzi della Baronessa, come anche lo schema dell'innamoramento (lui e lei si ritrovano legati, lei disprezza, lui sembra indegno del suo amore, fino a quando le convinzioni di una o di entrambi si ribaltano e da un'unione forzata nasce il vero amore).

In Leatherface la bella spagnola di elevata estrazione sociale viene costretta a sposare il figlio del borgomastro allo scopo di insediarsi come spia nel seno di uno dei focolai della ribellione nelle Fiandre  Orangiste del XVI sec. Il giovane suo sposo è considerato un nullafacente, un ubriacone che passa le sue giornate in taverna a bere alla salute delle soldatesche spagnole che non disdegnano abbandonarsi ai bagordi in sua compagnia.
Naturalmente si scoprirà che il nullafacente non è altri che l'eroe mascherato che fa da guardia del corpo a  Guglielmo d'Orange. Lo stesso eroe che poi si ritroverà a guidare la rivolta di Gand.
Insomma, il tipico eroe, senza macchia e senza paura. Eppure, la cosa che colpisce maggiormente la fantasia di una lettrice a caso - cioè la mia - non è la figura dell'eroe mascherato. Quella, in un certo senso, appiattisce il personaggio sullo sfondo e lo rende simile alle figure storiche che fanno da coreografia. In questa prospettiva, l'eroe è come al solito coraggioso, pronto al sacrificio, dotato di forza sovrumana. Si riduce anche lui ad un personaggio bidimensionale. Ma quando, invece, si toglie la maschera e si pone in primo piano come protagonista della storia intima, lo stesso uomo inizia davvero a vivere: i piccoli gesti, il suo modo di parlare, di muoversi, di guardare, tutti questi particolari lo rendono estremamente credibile.

Anche in Beau Brocade, il Robin Hood della Baronessa, il protagonista risalta per il suo particolare modo di ridere, per la sua eccentrica inclinazione alla ricercatezza nel vestire, per una sorta di "pazzia" che ricorda un poco la furia amorosa di un personaggio a noi conosciuto:
"But if I refuse?"
"An you refuse," he said, bending the knee before her, and bowing humbly at her feet, "I will entreat you on my knees..."
"And if I still refuse?" she murmured.
"Then will I uproot the trees, break the carriage that bears you away, tear up the Heath and murder yon knaves! God in heaven only knows what I would not do an you refuse."
"Ma se rifiutassi?"
"Se voi rifiutaste," disse lui, inginocchiandosi davanti a lei e inchinandosi umilmente ai suoi piedi, "Vi pregherò in ginocchio..."
"E se io rifiutassi ancora?" mormorò lei.
"Allora sradicherò gli alberi, farò a pezzi la carrozza che vi porta via, distruggerò la Brughiera e ucciderò qualsiasi furfante (mi capiti a tiro)! Solo Dio che è nei cieli sa cosa non farei se voi rifiutaste."
Non sembra minacciare di diventare un Orlando furioso? E si parla di concedergli un giro di ballo nella brughiera isolata, al chiaro di luna! Mica uno normale, questo tizio!

Non nasconderò che ho divorato tre romanzi della Baronessa in pochi giorni chiedendomi, ogni singola sera, il perché mi prendessero nonostante gli enormi difetti. Almeno la metà dei personaggi, come visto, non ha rilevanza psicologica, l'innamoramento tra i due si ripete sempre con gli stessi sotterfugi (Lei: sono costretta a sposarti - non sei degno del mio amore - sto facendo un errore enorme che mi dannerà, ma non ti chiedo aiuto perché, ancora una volta, non sei degno della mia fiducia - Ops... forse un po' degno lo sei. Anzi, no! Sei proprio degno! - E vissero tutti felici e contenti. :D); in più, capita a volte che il rimunginare delle eroine diventi pesantemente lento e inciampi su ripetizioni infinite.

E allora perché mi sono letta in sequenza: Petticoat Government, Leatherface, Beau Brocade e persino La primula rossa?
Perché sono femminuccia. :)
Ma non solo.
Credo sia la maniera della Baronessa di raccontare una stessa storia - che poi risulta accattivante, concediamoglielo - trasformandola ogni volta nella storia particolare di "persone" differenti. Diventa affascinante cogliere i piccoli gesti quotidiani di eroi non stereotipati e monotoni nel loro ruolo di integerrimi paladini, ma resi umani da atteggiamenti e comportamenti perfettamente realistici.

Illustrazione della favola La bella e la bestia,
Anne Anderson (1874-1931). Ripresa da Wikipedia.
È come ritrovarsi a leggere la bella e la bestia in uno di quei libri per bambini: non quelli con le immagini piatte, ma con i paesaggi e le scene che si aprono e diventano tridimensionali. La bestia e la bella si comporteranno sempre nello stesso modo, ma la profondità che li decora rende la lettura affascinante e sempre nuova, con le sue mille sfumatura di chiaroscuro.

A proposito, ve lo avevo detto che "La bella e la bestia" è la mia favola preferita? Forse è per questo che la Baronessa mi ha conquistata.

Non pensate, adesso, di aver finito con la Baronessa. Ci sono altre cose da dire sulla sua scrittura e sui suoi romanzi. Ma noi non abbiamo fretta, vero?
Al prossimo post. :)



2 commenti:

  1. Conosco, di nome, La primula rossa. Sembrano interessanti le opere della baronessa. Ma sono romanzi o drammi?

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    1. Sono romanzi, ma dammi retta, questi non fanno per te. :D
      Forse la primula rossa...

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