martedì 25 marzo 2014

Storie raccontate due, tre, quattro volte e più



Gironzolando qua e là, sempre intorno a Il ritratto ovale di Poe, un bel giorno mi ritrovai a vedere accostato al suo nome quello di un altro scrittore a lui contemporaneo: Nathaniel Hawthorne.


Charles Osgood, Nathaniel Hawthorne, 1840.
Non ricordo nemmeno più dove lo trovai scritto (Wikipedia? Biografia di Arthur Hobson Quinn?), ma ricordo che la fonte accostava il racconto di Poe ad un certo The birth-mark. Dopo una lettura concitata, devo dire che ho chiuso il volume dei racconti di Hawthorne con un punto interrogativo svettante sulla testa. In cosa questo raccontino sull'ossessione per la macchia sulla guancia della sua bellissima moglie di un uomo un po' scienziato, un po' alchimista e sul suo tentativo di estirpargliela poteva essere paragonato all'artista che ritrae la moglie nel ritratto ovale?

Forse, sì, c'è un fondo di ossessione in entrambi, l'artista e l'uomo di scienza potrebbero essere accostati per il loro genio - ma anche no, visto che in Hawthorne si svela che tutte le opere superbe dello scienziato erano mezzi fallimenti in confronto a ciò che originariamente il personaggio stesso si era proposto di raggiungere. E poi c'è la fine che fanno le gentili signore sottomesse alla follia dei mariti. Forse la "scenografia", in qualche modo, entra in risonanza (ma nemmeno troppo).

Per farla breve, non ho trovato molto che potesse avvicinare i due racconti.

Ma poi ho trovato altrove un altro richiamo, un altro titolo che meglio del precedente poteva far pensare ad un collegamento: The prophetic picture. Ecco, questo racconto forse affronta meglio l'idea dell'artista in particolare e del genio in generale che riesce a cogliere la natura e a catturarla. E qui, un po' come nel ritratto ovale, si intuiscono linee tratteggiate che conducono ai decadentisti e agli esteti d'oltreoceano.

E poi vengo a scoprire un po' di date.
Tales of the Grotesque and Arabesque, l'unica raccolta di Edgar Allan Poe ad essere stata pubblicata in due volumi, è del 1840, anche se le storie sono apparse su varie riviste tra il 1835 e il 1840, mentre Twice-Told Tales, la raccolta di storie di Hawthorne, è stata pubblicata in due volumi separatamente: il primo nel 1837 e il secondo nel 1842 e come gli altri avevano già visto le stampe su varie riviste. Per questo, d'altronde, erano stati chiamati Twice-told tales: perché era la seconda volta che venivano raccontate sulla carta.

E, quindi, ancora un qualcosa che accomuna i due: le date, curiosità per alcuni temi (l'uomo di genio e le sue "follie") e persino situazioni risolte in modi simili. Mi riferisco ad altri due racconti che in parte hanno a che vedere persino con Dorian Gray e che si incentrano sul carattere del doppio.

Dovete sapere che Edgar Allan Poe era anche un critico letterario. O meglio, recensiva un po' tutto quello che la moderna letteratura americana produceva. Beh, non si può dire che avesse una grande stima per gli autori contemporanei. Diciamo che, a parte Irving, non vedeva grandi slanci di inventiva o maestria. Fino a quando non gli capitò di recensire Twice-Told Tale. E qui il grande scrittore si entusiasma. Ok, - ammette Poe - a volte il tema è un po' ridondante (diciamo che il soggetto è per lo più incentrato su un'America puritana, giovane e selvaggia, molto realisticamente raccontata e lontana anni luce dal gusto europeo dell'epoca), ma in genere la scrittura è piacevole, il pathos ben mantenuto, etc. etc. Anzi, sembra così entusiasta che a volte, conoscendolo, uno si chiede se sotto sotto non ci sia dell'ironia. Per poi arrivare a questo brano:
In Howe's Masquerade (uno dei racconti di Twice-Told Tale) we observe something which resembles a plagiarism--but which may be a very flattering coincidence of thought.
 In Howe's Masquerade osserviamo quacosa che assomiglia ad un plagio - ma che potrebbe essere una coincidenza di pensiero davvero lusinghiera.
 Il riferimento qui è al racconto di Poe William Wilson, un brano in cui il protagonista viene ossessionato dalla figura di un suo doppio "positivo". I due racconti, in effetti, hanno un soggetto simile e risolvono l'intreccio allo stesso modo, usando persino gli stessi espedienti.

La domanda viene spontanea: chi ha copiato chi? Poe, naturalmente, dice: se qualcuno lo ha fatto, è stato lui. Ma forse, tutto sommato, è stata solo una splendida coincidenza: i nostri sentimenti e pensieri sono talmente in sintonia che veniamo affascinati da temi simili e li sviluppiamo con soluzioni uguali.

In effetti, lo stile di scrittura è talmente diverso tra i due che è difficile accostarli. Eppure c'è indubbiamente una curiosità comune per certi personaggi (l'artista, il genio e il rapporto della vita con l'arte o il doppio, ad esempio, ma anche un certo approfondimento psicologico che a volte subisce strane contorsioni) e la tendenza a sviluppare questi spunti nella stessa direzione.

Il dubbio che Poe abbia di tanto in tanto dato una sbirciata qua e là ai racconti di Hawthorne, magari in tempi non sospetti quando ancora circolavano tra riviste sparse, e che poi ci abbia ragionato su fino a farne propri i contenuti, mi è venuta in mente un paio di volte, a dire il vero.

In ogni caso, siccome questo non è un argomento di facile trattazione, lo lascerei a chi magari ha un maggiore interesse ad affrontarlo. Certo, se si scoprisse che Hawthorne avesse davvero influito, anche in minima parte, sulla filosofia di E. A. Poe, sarebbe curioso fantasticare sul contributo che il primo può aver portato al decadentismo europeo; ma siccome sono tutte farneticazioni campate in aria, la finisco qui. 

Se vi va di leggervi la recensione di Poe su Twice-Told Tales, la trovate qui. E se poi vi viene voglia di leggervi anche i racconti, state attenti: sono tanti, a volte non proprio entusiasmanti, ma forse valgono la pena.

Se poi  non vi va di leggerveli tutti, ma, via, diciamo che non vi va nemmeno di leggerli, ecco qui il film del 1963.




Qui ci sono i racconti: Dr. Heidegger's Experiment, Rappaccini's Daughter e The House of the Seven Gables. Beh, ci sono almeno di nome, perché in effetti sono stati stravolti e poco assomigliano ai racconti originali. Allora, ammettiamo pure che queste traduzioni cinematografiche sono tipiche non tanto della narrazione di Hawthorne, ma della produzione filmografica degli anni '60. Quindi, se siete appassionati, sicuramente apprezzerete.

Buona visione.



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